La Dia: la ricostruzione fa gola ai criminali

Relazione dell’antimafia in Parlamento: il cratere del post sisma sorvegliato speciale contro le infiltrazioni

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Droga, ricostruzione e sanità pubblica: su questi temi punta la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al Parlamento, a proposito delle Marche. A oggi, rassicura la Dia, "non ci sono associazioni criminali radicate nel territorio marchigiano, piuttosto proiezioni riconducibili alle mafie tipiche". Ma l’attenzione deve rimanere altissima nelle zone del cratere sismico: "È noto che le organizzazioni criminali hanno una spiccata propensione per il settore edile e degli appalti pubblici gestiti attraverso imprese controllate da referenti o soggetti legati ai sodalizi mafiosi. L’infiltrazione nel tessuto imprenditoriale marchigiano potrebbe nascere per intercettare i finanziamenti pubblici per la ricostruzione post sisma". Un altro capitolo riguarda gli appalti per le infrastrutture sanitarie, ma anche "i servizi connessi con la sanità quali la produzione e la fornitura di presidi e dispositivi medici, la gestione dei rifiuti sanitari e la sanificazione, campi rientranti nelle mire della criminalità organizzata".

La ricostruzione post sisma poi, è sempre un terreno appetibile per la criminalità organizzata: la regione "rappresenta un territorio ideale, proprio per la sua immagine di zona franca, per l’effettuazione di operazioni di riciclaggio e reimpiego di proventi derivanti da attività delittuosa, oltre che per lo svolgimento di attività di prestazione di servizi illeciti, da parte di professionisti nel territorio comunque collegati ad associazioni mafiose". Non risultano per ora "forme di radicamento delle mafie tradizionali, ma negli ultimi anni si è evidenziata la presenza e talvolta l’operatività di affiliati alla criminalità organizzata calabrese, di pregiudicati pugliesi e campani, dediti perlopiù al traffico di stupefacenti e ai reati contro il patrimonio". Quanto alla criminalità etnica, la Dia segnala la presenza di "gruppi che, agevolati dall’assenza di un capillare controllo territoriale da parte di sodalizi riconducibili alle tradizionali mafie, sarebbero riusciti a ritagliarsi il proprio margine di manovra nei settori del traffico di stupefacenti, dello sfruttamento della prostituzione, del traffico di esseri umani e dell’immigrazione clandestina". Analizzando la situazione delle province, la Dia segnala lo spaccio effettuato da italiani e stranieri come principale attività illecita.