Muore in ospedale, in aula parla il perito

Nel processo sul decesso dell’anziana nel 2018 a carico di un’infermiera e di un’operatrice sanitaria

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Con l’attesa deposizione del professor Christian D’Ovidio, consulente della Procura in sede di incidente probatorio, è ripreso davanti al tribunale di Ascoli il processo a carico un’infermiera e per una operatrice sanitaria dell’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto, entrambe accusate di omicidio colposo in relazione alla morte di Maria Teresa Antonini, avvenuta il 12 gennaio 2018 all’ospedale sambenedettese. La signora Antonini vi era stata accompagnata dai familiari la sera del 10 gennaio per dolori lancinanti. I sanitari la sottoposero ad accertamenti, ma dopo due giorni morì. Erano già stati fissati i funerali quando i familiari hanno avanzato sospetti dovuti in particolare al fatto che l’anziana presentava una vasta tumefazione al viso, all’occhio e ad una guancia. Il timore era che fosse caduta dal letto mentre era in ospedale. La denuncia al commissariato ha dato il via all’inchiesta e la Procura di Ascoli ha sequestrato la salma della sventurata. La perizia affidata al prof. D’Ovidio ha evidenziato che Maria Teresa Antonini è morta per "insufficienza cardio-respiratoria acuta irreversibile in stato infettivo e dopo fratture post traumatiche delle vertebre cervicali ed emorragia subracnoidea ed intraparenchimale in sede frontale destra e subarecnoidea in sede occipitale sinistra".

Per il perito "le cause del decesso possono essere identificate quindi in iniziali cause naturali, precipitate indiscutibilmente dalla caduta accidentale che ha provocato l’edema cerebrale e l’immobilizzazione della rachide cervicale". Sentito nel corso dell’ultima udienza dal giudice Miccoli, D’Ovidio ha affermato che la caduta dalla barella può essere stata una concausa del decesso, inserendosi però in un quadro composto da gravi problemi di salute preesistenti. Ha inoltre aggiunto che non vi era una particolare esigenza di vigilanza essendo l’anziana allettata già da cinque mesi e non aveva manifestato in questo lungo periodo problemi in tal senso. Secondo l’accusa l’infermiera, difesa dall’avvocato Gionni, avrebbe omesso di valutare correttamente i bisogni della paziente e di supervisionarne le cure, mentre l’operatrice socio-sanitaria non avrebbe posizionato correttamente la sponda di protezione della barella, lasciando sola la vittima, nonostante la sua età e la salute precaria. Ciò, tenuto conto che la signora Antonini aveva 89 anni, era disorientata, soffriva di demenza senile e risultava affetta da vasculopatia cerebrale cronica.

Peppe Ercoli