Oliverotto si proclamò nel sangue signore di Fermo

Un tempo per prendersi il potere bastava eliminare fisicamente l’avversario. Di questo raccontò cinicamente il Machiavelli, facendo la cronaca degli intrighi che portarono alla caduta del tiranno

fermano Oliverotto Euffreducci, che fece la fine che aveva fatto fare a nemici e parenti appena pochi mesi prima. Erano i primi di gennaio del 1502 quando convocò, come scrisse il Fracassetti,

“con oneste accoglienze ricevendoli e lusingandoli”, i notabili di Fermo che poi, uomo alla volta, fece assassinare dai suoi sgherri: eliminò lo zio Giovanni Fogliani che lo aveva cresciuto, il figlio Gennaro, il genero Raffaele della Rovere, Giacomo Bongiovanni, Pier Leonardo Paccaroni, Pier Ludovico Del Papa, Pietro Gualteroni. Poi alla testa dei suoi uomini si diresse in piazza per occupare il palazzo comunale, dopo aver fatto trucidare i figli di Gennaro Fogliani, uno gettato dalla finestra l’altro trafitto fra le braccia della madre, e il giovane figlio del Paccaroni. Mentre i suoi agitavano il popolo, costrinse i priori a riconoscerlo come signore e a convocare il consiglio generale "per fare legge della sua decisione". Il consiglio deliberò come egli volle: furono abolite tutte le magistrature, e "certo di andare impunito da ogni misfatto", completò l’opera di pulizia degli avversari, facendo uccidere altri rappresentanti delle famiglie di reggimento, confiscandone i beni “a favore della città della quale egli solo reggeva il supremo governo".