Tentato omicidio Monteprandone, condannato a 5 anni

Per i fatti a Centobuchi tra un anziano e un giovane papà

Carabinieri

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Monteprandone (Ascoli), 10 ottobre 2019 - E’ stato condannato a cinque anni di carcere S.M. il 65enne di origini siciliane arrestato il 18 giugno scorso dai carabinieri con l’accusa di aver tentato di uccidere un vicino di casa, un 38enne padre di tre figli.

L’episodio è avvenuto in una palazzina a Centobuchi di Monteprandone. Assistito dall’avvocato Cosimo Borsci, l’anziano ieri è stato processato con rito abbreviato davanti al giudice Annalisa Giusti che ha anche disposto il pagamento di 15.000 euro a titolo di provvisionale alla vittima dell’aggressione; l’entità del risarcimento vero e proprio dovrà essere stabilita in sede civile. La vittima, dopo essere stato trasferito dai sanitari del 118 all’ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto, venne sottoposto nella notte ad un delicato intervento chirurgico.

La pugnalata sferrata con una lama di 10 centimetri fortunatamente non ha leso organi vitali per cui dopo pochi giorni l’uomo si è ristabilito. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, si sarebbe trattato di un vero e proprio agguato con la vittima che, nonostante fosse ferito, è poi riuscito a disarmare l’aggressore, già noto alle forze di polizia per precedenti risalenti agli anni ’90. Sul posto i militari dell’Arma hanno sequestrato il coltello rinvenuto sul luogo dell’aggressione e gli indumenti dei due soggetti. 

Non è dunque passata la linea difensiva che ha puntato su una diversa ricostruzione dei fatti così come lo stesso imputato ha riferito in occasione dell’udienza di convalida dell’arresto davanti al giudice Rita De Angelis; disse di essere stato lui ad aver subito un vero e proprio agguato, di essere stato aggredito lui alle spalle mentre stava rientrando in cantina per riporre un crick e una chiave, attrezzi che aveva appena utilizzato per riparare la marmitta della sua auto.

«Il mio assistito è alto 1,65, l’altro 1,90 ed è decisamente più giovane e prestante. Quest’ultimo – ha spiegato l’avvocato difensore Cosimo Borsci – voleva che il mio assistito se ne andasse da quella palazzina». Al giudice disse che il coltello non lo aveva in mano lui, ma l’altro. Un quadro reso complicato dal fatto che alla scena non era presente nessun testimone per cui era la parola di uno contro quella dell’altro. Ma c’era comunque una ferita seria causata da arma da taglio. Una tesi difensiva che non ha retto. Il legale del siciliano annuncia fin d’ora che ricorrerà in Appello.