«Da Angelina Jolie a Sharon Stone, le mie creazioni per le star di Hollywood»

Lo stilista ascolano Luigi Massi ha conquistato Versace: all’estero ci invidiano lo stile di Federica Andolfi FOTO: Dai vip alle passerelle, protagonista la sensualità

Luigi Massi con Angelina Jolie

Luigi Massi con Angelina Jolie

Ascoli, 4 giugno 2015 - Gira il mondo per fare belle le star con la sua creatività. Da venti anni vola a Los Angeles per rendere impeccabili i vip protagonisti del red carpet nella Notte degli Oscar. Nel 2014 ha realizzato l’abito da sposa di Angelina Jolie. Durante la sua carriera ha avvolto con eleganza e sensualità i corpi di attrici internazionali (guarda le foto): da Sharon Stone a Uma Thurman; da Catherine Zeta-Jones a Nicole Kidman fino a Lady Gaga, Charlize Theron e Céline Dion.

Luigi Massi, 52 anni, è il première della sartoria Alta moda di Versace. Cresciuto tra tessuti e bottoni, ha avuto come prima insegnante la mamma, Agostina Marozzi, scomparsa da tre anni. «Mi ha trasmesso la passione, da lei ho imparato l’umiltà – spiega Massi con lo sguardo e le parole cariche di emozione –. Mi diceva di avere pazienza; mi raccontava le sue prime difficoltà ma anche le soddisfazioni quando andava ad imparare il mestiere dalla madre di Costantino Rozzi». Aveva solo 10 anni Massi quando ha iniziato a creare. «Tagliavo i pantaloni a zampa – ricorda – e realizzavo delle gonne per mia sorella Daniela: è stata la mia prima modella». Poi a 25 anni telefonò a Versace chiedendo di essere messo alla prova. Da allora vive a Milano, ma sulla sua pagina Facebook trionfa una splendida foto di piazza del Popolo.

 

Che percorso di studi ha fatto?

«Ho frequentato tre anni la scuola professionale Enalc. Poi sono stato modellista da Allieri per due anni. Ho sempre avuto la passione per le firme. Volevo vedere dal vivo il prêt-à-porter. Sognavo a occhi aperti».

Come è stato l’inizio da Versace?

«Sono stato due giorni chiuso in una stanza, poi sono diventati 15. In seguito mi hanno fatto rimanere per quattro mesi: lì ho capito che mi avrebbero preso. L’emozione che si prova ad aver raggiunto il proprio obiettivo è incredibile. Sono stato anche fortunato»

Perché?

«Da subito sono diventato il ‘cocchetto’ di Gianni e Donatella».

Che rapporto aveva con Gianni Versace?

«Ha sempre avuto fiducia in me. Mi spingeva a creare, dandomi molta libertà. Mi diceva: ‘se un abito piace a te, allora piace anche a me’».

Il giorno della sua morte.

«Eravamo a Roma per la sfilata a Trinità dei Monti. Gianni, dopo la sfilata a Parigi, si era preso una pausa a Miami. Ci diede la notizia il fratello. Uno choc. Ricordo l’immagine in tv del suo braccio cadente mentre lo portavano via in barella. In quel momento mi sono reso conto. E’ stato un susseguirsi di pianti. La notte che è morto l’ho sognato: mi abbracciava».

Da quel giorno cosa è cambiato?

«Tutto. Gianni era un professionista, lavorava tutto l’anno. Ricordo che a volte, dopo cena, veniva anche in vestaglia a vedere come procedeva il lavoro. Era duro ed esigente, ma se conquistavi la sua fiducia, ti sentivi protetto».

Com’è lavorare con Donatella Versace?

«Lei è divertente e ironica. Ti coinvolge negli obiettivi e sprona le persone».

La creazione alla quale si sente più legato?

«L’abito chiuso da spille da balia indossato da Elizabeth Hurley, con cui l’allora fidanzata di Hugh Grant si presentò all’anteprima del film ‘Quattro matrimoni e un funerale’ nel 1994. Gianni mi disse: ‘Hai fatto diventare famosa una sconosciuta’. E poi l’abito simbolo verde del 2000 indossato da Jennifer Lopez al quale è stata attribuita la nascita di ‘Google immagini’ (il servizio aggiuntivo del motore di ricerca è nato per rispondere alle richieste impazzite degli utenti che volevano vedere il vestito indossato dalla cantante durante i Grammy Awards, ndr)».

Cos’è per lei la moda?

«Poter esprimere la creatività. Un abito è dato dalla gestione di equilibri. E’ un lavoro fatto di sguardi con chi lo indossa».

L’eleganza?

«Ogni epoca ha la sua. La cosa più difficile è dare una linea all’abito capace di abbellire una donna».

Cosa ne pensa dell’uso della tecnologia nella moda?

«La parte più importante resta quella fatta a mano. All’estero ci invidiano la capacità artigianale e l’Italia deve difenderla».

Che atmosfera si respira durante una sfilata?

«Un delirio. Esce il peggio di ciascuno. Hai l’ansia di non farcela. Si lavora 24 ore al giorno prima della data».

Quali vip italiani ha vestito?

«Alessia Marcuzzi, Sabrina Ferilli; ho seguito Elisabetta Canalis a Sanremo e Isabella Ferrari al festival di Venezia. Sono solo alcuni».

Da quando segue Angelina Jolie?

«Dal ’98. Lo scorso anno lo ha reso pubblico facendomi il regalo più grande del mondo. Ci lega un rapporto di fiducia, empatia, amicizia e ammirazione. Il giorno delle sue nozze sono stato fino all’una con lei. La cosa più bella che ricordo? Tutti e due in ginocchio a scegliere i disegni dei suoi bambini da trasferire sul velo. Ho fatto molte prove di ricami, ma l’unico che è riuscito a riprodurre il tratto uguale, è stato Graziano Ricami di Venarotta».

Cosa ha significato per sua madre l’arrivo all’atelier Versace?

«E’ stato il consolidamento della sua passione. Rappresento tutti i suoi sogni».

Federica Andolfi