Cantina Bentivoglio Bologna, ‘ClarOscuro’ al debutto

Il contrabbassista Matteo Bortone fraseggia con Enrico Zanisi al pianoforte e Stefano Tamborrino alla batteria

Matteo Bortone porta in Cantina Bentivoglio il nuovo progetto ‘ClarOscuro’ con Enrico Zanisi e Stefano Tamborrino

Matteo Bortone porta in Cantina Bentivoglio il nuovo progetto ‘ClarOscuro’ con Enrico Zanisi e Stefano Tamborrino

Bologna, 16 aprile 2019 - L'idioma afroamericano spinto in avanti con un linguaggio razionale ed esoterico che ruota attorno al concetto di tempo/immagine di Gilles Deleuze: cioè jazz che ammicca al potenziale fantastico del cinema. Partendo dalla lezione di Carmelo Bene - stessi natali otrantini -, sulla «phoné» Matteo Bortone ha portato la rivoluzione all’interno della sintassi jazz: un approccio swingante nel fraseggio del contrabbasso, souvenir plurisensoriali che paiono fotogrammi. L’appuntamento con il Top Jazz 2015 band leader del trio ClarOscuro è per il 16 aprile alle 22 in Cantina Bentivoglio. In scaletta la presentazione del suo terzo disco (CamJazz) con Enrico Zanisi (pianoforte) e Stefano Tamborrino (batteria).

Sfogliamo ‘ClarOscuro’, disco della settimana per 'All About Jazz' e 'Jazzit likes it' decifrandone il titolo?

«Sono 11 brani strettamente legati al discorso di fondo dell’esplorazione in quelle zone d’ombra interstiziali tra scrittura e improvvisazione, ai confini del linguaggio, per sottolinearne le potenzialità evocative. Con più aromi timbrici e meno soprassalti rockeggianti che nei due dischi precedenti Travelers e Time Images».

Un bozzetto dei compagni di viaggio?

«Credo che sia Enrico che Stefano, tra i talenti più brillanti del panorama jazz europeo, abbiano un suono riconoscibile e propensione all’interplay, curiosità musicale aperta per tutto quello che è seria progettualità».

La Francia ha battezzato ‘ClarOscuro’, come già il suo primo disco Travelers «Révélation Jazzman»: perché poco più che ventenne decise di trasferirsi a Parigi?

«Sapevo del fermento per il jazz e al contempo volevo fare un’esperienza all’estero. Poi ho virato su Roma, con un bagaglio di esperienze sublimi».

La stella cometa cui fa riferimento?

«Ci sono musicisti che mi hanno ispirato a livello strumentale come Charlie Haden, altri per la composizione come Guillermo Klein, altri ancora per il suono di gruppo».

Alla sue composizioni viene riconosciuta una policromia da set cinematografico: punti in comune con il lavoro di regista?

«Tanti, ma principalmente mi affascina la capacità di raccontare una storia, l’importanza del «come» più che del «cosa»».

I prossimi impegni?

«Prevedono la registrazione di un nuovo disco di Manlio Maresca, un tour per la presentazione di quello di Andrea Molinari, ma soprattutto il ritorno del Travelers, il mio quartetto franco/italiano con cui avrò una «carte blanche» a Novara Jazz. Per l’occasione saremo in quintetto per suonare la musica che ho scritto negli ultimi mesi».

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