Anziani maltrattati a Bologna: "Mio padre mi diceva: ‘Aiutami, mi picchiano’"

La testimonianza di Fabio Fornasini, figlio di Vincenzo, ospite da tempo della Nino Aurelia. Il pensionato aveva 82 anni ed è morto a gennaio all’ospedale a Bazzano dove era stato ricoverato

Fabio Fornasari, suo padre Vincenzo era nella casa famiglia di Monteveglio

Fabio Fornasari, suo padre Vincenzo era nella casa famiglia di Monteveglio

Bologna, 17 novembre 2020 - "Mio padre me lo aveva provato a dire. ‘La Dragomir mi picchia’. Ma io credevo che a parlare fosse la demenza senile. Invece in un ultimo lampo di lucidità, papà aveva provato ad avvertirmi sul male che quelle donne gli facevano". Fabio Fornasini è l’unico figlio di Vincenzo, il pensionato di 82 anni morto a gennaio scorso all’ospedale di Bazzano, dove era stato trasportato, ormai in gravissime condizioni, dalla casa famiglia Nino Aurelia di Monteveglio, dove era ospite dall’ottobre precedente, Una di quelle coinvolte nell'operazione Inferno sui maltrattamenti agli anziani ospiti.

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Signor Fornasini, quando si è accorto che qualcosa, in quella struttura, non andava? "Purtroppo soltanto poco prima che mio padre morisse. Quando mi hanno chiamato, per dirmi che respirava a fatica, chiedendo a me cosa dovessero fare, invece di chiamare subito il 118 per soccorrerlo".

Prima del ricovero le cose come andavano? "Mio padre soffriva di demenza senile. Io lo andavo a visitare ogni domenica. A volte anche senza avvertire prima. All’inizio, i primi quindici giorni, diceva che si trovava bene e anche io lo vedevo sereno. Poi ha iniziato a dirmi ‘quella mi picchia’. Io chiedevo alla titolare e al personale, mi dicevano ‘è caduto, lo abbiamo dovuto mettere al letto’. Al letto, invece, ce lo legavano, dopo averlo picchiato prima".

Come aveva trovato questa casa famiglia? "Su internet. Fino a quando mio padre è stato in autosufficiente, ha vissuto in casa sua, a 500 metri dalla mia. Lo andavo a trovare ogni giorno e provvedevo ai suoi bisogni. Poi però ha smesso di camminare e sono iniziati anche i problemi cognitivi. Così ho cercato una struttura che potesse prendersi cura di lui. Avevo scelto la Nino Aurelia perché era vicina ai luoghi che mio padre aveva frequentato da ragazzo, ai boschi che conosceva. Volevo che stesse bene. Invece gli ultimi mesi della sua vita sono stati di sofferenza".

In ospedale hanno riscontrato segni di maltrattamento, da questi è partita l’inchiesta. "Papà aveva ecchimosi ai polsi e alle caviglie, traumi dovuti al fatto che lo legavano al letto, come accertato dal medico legale di parte nominato per l’autopsia. Aveva anche altri lividi sul corpo".

Nella struttura sedavano per non farlo lamentare? "Sì. Ai carabinieri ho detto io dove tenevano le medicine, perché lo avevo visto. Anche gli altri anziani erano tenuti costantemente sedati. Si vedeva, sembravano ‘intontiti’".

Com’era il posto? "Era una casa. C’era un soggiorno, con delle poltroncine e una tv nell’angolo. Gli ospiti stavano lì per buona parte del giorno, senza fare niente".

Adesso che queste donne sono state arrestate, come si sente? "Mi sento comunque male. Perché mio padre aveva provato ad avvertirmi. E io non gli ho creduto, fidandomi invece di persone che si sono rivelate crudeli".

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