
Oggi al Mast lo scrittore presenta il suo ultimo lavoro: "Bisogna però essere consapevoli, per poter crescere. L’arroganza è cattiva"
Dopo aver scritto del dubbio, della gentilezza e del coraggio, adesso tocca all’errore e all’ignoranza. Dunque, Gianrico Carofiglio sta conducendo nei suoi saggi un’esplorazione sui sentimenti della nostra contemporaneità? Lui chiarisce: "Vado in cerca di concetti e parole spesso fraintesi che contengono insegnamenti importanti". Lo scrittore è ospite oggi alle 18,30 del Mast dove, nell’ambito del ciclo ‘La voce dei libri, presenterà in dialogo con lo psicoanalista Stefano Bolognini la sua ultima opera ‘Elogio dell’ignoranza e dell’errore’ (Einaudi). Prendendo spunto dalla scienza, dagli aneddoti, dallo sport e dagli scritti di pensatori celebri, Carofiglio racconta le opportunità che nascono dal riconoscere i propri errori ("una forma del nostro pensiero") e la gioia dell’ignoranza consapevole ("permette lo stupore"). Un cambio di passo per l’opinione comune, secondo la quale sbagliare significa semplicemente fallire ed essere ignoranti vuol dire finire relegati nella marginalità.
Fra errore e ignoranza chi possiede la peggiore reputazione nella nostra società? Forse l’errore?
"Non saprei, ma bisogna dire che non si arriva alla conoscenza senza sbagliare. La differenza sta fra chi sbaglia e sa cogliere le opportunità offerte da questo comportamento e chi invece sbaglia e non lo riconosce. È l’errore che consente a chiunque di guardarsi attorno e crescere".
Anche lei ha sbagliato molto?
"Come tutti. Ho commesso errori durante gli studi e durante la professione di magistrato. In quel caso, quando me ne sono reso conto, ho cercato di attenuarne le conseguenze. Sono convinto che il fallimento offra possibilità inattese. Io, ad esempio, sono diventato scrittore a causa di un insuccesso. Quando non arrivò la nomina apparentemente scontata nel comitato scientifico del Consiglio superiore della magistratura, elaborai una nuova prospettiva di vita e ricominciai a pensare alla scrittura. Senza quella bocciatura non avrei fatto quello che ho fatto".
Dice che bisogna osservare con simpatia la nostra sconfinata ignoranza, perché spesso è la premessa per meravigliarsi dell’arte o della natura. Ma dare dell’ignorante a qualcuno resta offensivo...
"Da un lato c’è l’ignoranza cattiva e arrogante di quelli che non sanno e sono convinti di sapere, dall’altro c’è chi ha la consapevolezza del proprio posto nel mondo per avvicinare la conoscenza. Credo che con le buone pratiche un po’ di persone possono essere salvate, dal momento che la stupidità non è genetica".
Cita Machiavelli e Montaigne, racconta di Mike Tyson e Bruce Lee, parla di arti marziali. Mischiare l’Alto e il Basso è una sua vocazione?
"Ho sempre mischiato i piani, mi piace l’idea della trasversalità. È importante cogliere scintille dalle intelligenze. Godard diceva che non è importante dove prendi le cose, ma dove le porti. Quanto alle arti marziali, il primo insegnamento è imparare a cadere. Tutti siamo costretti a cadere prima o poi ma l’importante è farlo bene e con eleganza".
A cosa sta lavorando in questo periodo?
"Sto pensando a un nuovo romanzo non legato ai personaggi di Guerrieri o a Fenoglio. Credo che ogni romanzo rappresenti un episodio a sé. L’avvocato Guerrieri sarà però protagonista di una serie televisiva interpretata da Alessandro Gassmann in onda a fine ‘25 su Raiuno".
Tornerà il suo programma ‘Dilemmi’?
"Non se ne ha idea, sento voci discordanti. Aspetto anch’io di saperlo".