"Ansia per il Covid, anoressia in aumento"

Rossi, psicologa del Sant’Orsola: "Disturbi del comportamento alimentare, in un anno almeno 50 visite in più di adolescenti tra i 13 e i 18 anni"

L’angoscia di ingrassare durante la chiusura ha inciso anche su chi stava già male

L’angoscia di ingrassare durante la chiusura ha inciso anche su chi stava già male

Bologna, 14 settembre 2021 - "C’è un’epidemia nella pandemia tra i giovanissimi". Parola di Francesca Rossi, 50 anni, psicologa della Neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva del Sant’Orsola, unità operativa recentemente entrata nell’Istituto delle scienze neurologiche di Bologna. La psicoterapeuta è in prima linea nel programma disturbi del comportamento alimentare, di cui è responsabile la professoressa Antonia Parmeggiani. Come ha influito il Covid su chi soffre di queste malattie? "Tra il day hospital, l’ambulatorio e il reparto, registriamo un aumento del 20% di adolescenti colpiti da anoressia o bulimia. In un anno siamo arrivati complessivamente a 290 nuove visite, con una cinquantina in più rispetto al periodo precedente alla pandemia. C’è stata una crescita del disagio psichico, lo vediamo dai test, dai colloqui e dagli studi del contesto familiare". Come nasce il collegamento con il virus? "Dalle anamnesi emerge che gli esordi dei disturbi otto volte su dieci sono avvenuti durante il primo lockdown, mentre chi stava già male ha avuto un peggioramento". Chi sono i pazienti? "Per lo più adolescenti dai 13 ai 18 anni. Il 90% è caratterizzato da femmine, ma i maschi sono in aumento. Il day hospital, nato nel 2000, all’inizio seguiva i giovani adulti. Adesso l’età dei nostri pazienti è scesa". Qual è il filo rosso che collega i problemi dell’alimentazione al Covid? "Il timore di prendere peso, soprattutto da parte delle ragazze, costrette a rimanere a casa, con una disponibilità immediata di cibo, e la privazione delle relazioni amicali. L’isolamento del lockdown è stato vissuto come un trauma, l’invisibilità del virus ha creato uno stato d’angoscia, favorendo la proiezione di un malessere interno, bloccando la proiezione del futuro". L’isolamento non è già una caratteristica di chi soffre di disturbi alimentari? "Sì. Quanti hanno un’introversione, infatti, si sono trovati a loro agio. Hanno pensato ‘se il mondo fuori è chiuso, ci sentiamo legittimati all’isolamento’. I più estroversi, invece, hanno sofferto di più la mancanza di relazioni, anche sentimentali". Il peggioramento come si è mostrato? "Dalla nostra osservazione, con ansia e depressione. E quando a febbraio 2020 il servizio è stato chiuso, era necessario continuare a seguire i pazienti e lo abbiamo fatto on line con colloqui psicologici, psico-nutrizionali, clinici e familiari, e anche somministrando test. Nel secondo lockdown siamo rimasti aperti". Il percorso affrontato dai ragazzi ha dei punti in comune? "Noi abbiamo individuato cinque fasi. La prima è l’angoscia di ingrassare e quindi la restrizione alimentare, nella seconda c’è la riscoperta dei legami familiari causata dalla costrizione di rimanere tutti in casa. Matura il significato antropologico del momento del pasto, con la condivisione degli interessi tra genitori e figli. Una ragazza ha ammesso di temere che con il ritorno alla normalità tutto sarebbe diventato come prima". E le altri fasi sovrapponibili? "Nel terzo momento sono state riscontrate stanchezza e frustrazione per la mancata riapertura della vita. Le ragazze con una depressione latente hanno mostrato anche disturbi del sonno e perdita di interesse per l’ambiente circostante. È seguita poi la fase del nervosismo, del desiderio di uscire e stare con gli amici, la tendenza a mangiare di più e a perdere il controllo. Così scattava l’esercizio fisico compulsivo in casa. Uno dei consigli, era quello di intensificare le videochiamate con gli amici. Nella quinta fase il tono dell’umore tornava buono in vista delle riaperture". L’incremento dei pazienti continua anche adesso? "Sì. Gli esordi dei disturbi si stanno protraendo, come le ricadute. L’angoscia del contagio ha aumentato la paranoia legata all’invadenza dell’altro, il distanziamento ha peggiorato il rapporto con il corpo, a discapito del mondo dell’emozione e della sessualità. Questi adolescenti hanno la mente e il corpo già separati, con le normative sulla sicurezza l’allontanamento si è amplificato". La mascherina che ruolo ha? "Sta diventando un modo per nascondersi e la ricerca dell’identità è sempre più complessa. La mascherina diventa una copertura, un sostegno e una protezione".  

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