Dad Bologna, ancora proteste: "Non è vera scuola"

Venerdì manifestazione in piazza del Nettuno a partire dalle dieci di mattina. "Servono anche investimenti per il rilancio usando i fondi del Recovery"

Una delle recenti proteste in piazza contro la didattica a distanza

Una delle recenti proteste in piazza contro la didattica a distanza

Bologna, 24 marzo 2021 - "La didattica a distanza (dad) non significa certo tenere aperte le scuole: è tutt’altro". È lapidaria Chiara di Cinnica, la libera consulta per una città amica dell’infanzia, e mamma di due bimbe alla materna in Lead, acronimo di Legame educativo a distanza, in sostanza la versione under cinque della dad. "La Lead è piuttosto insensata" ai piccoli mancano le maestre e i compagni dopodiché si "ritrovano davanti a un video in diciotto e parlano tutti insieme" richiedendo attenzione. "Poco per volta molti abbandonano". Dad o Lead, il risultato non cambia: le scuole sono off limits agli under 18. E per l’ennesima volta Priorità alla Scuola sarà in piazza per chiederne la riapertura. L’appuntamento è per venerdì 26 alle 10 sotto il Gigante. Riportare i ragazzi in classe, ma anche "chiedere che una congrua parte del Recovery Fund sia riservata al rilancio della Scuola pubblica – spiega Pas -. Il primo urgente provvedimento di riforma riguarda l’immediata riduzione del numero di alunni per classe, fissando un tetto massimo di venti, abolendo ogni possibilità di accorpamento per le classi successive". Inoltre i finanziamenti del Recovery vanno "utilizzati per il potenziamento di tutto il personale scolastico, con un piano di assunzioni e di stabilizzazione dei docenti precari, adeguamento degli spazi e degli edifici scolastici, con ripristino di vecchi edifici e realizzazione di nuovi". Non ultimo Pas chiede "che il prof. Bianchi lasci il ministero dell’Istruzione: abbiamo rispetto e persino affetto nei suoi confronti, ma queste settimane ci hanno detto che non è l’uomo che fa per noi". Venerdì: disconnessione per chi lo vorrà. Laura, un figlio alle medie e uno alle superiori, riuscirà a spegnere il pc del piccolo, ma non del grande. "È difficile farlo uscire di casa – racconta –. Gli studenti delle superiori non vogliono ritornare a scuola perché quando è accaduto, a gennaio, sono stati massacrati di verifiche. La dad gli ha semplificato il quotidiano". Ma così non va. Deborah, un figlio alla materna e uno in prima elementare, "a lungo termine questa situazione non è sostenibile: non si costruisce nulla". Certo il remigino qualche mese in classe c’è stato, ora "con la dad cerca di mantenere quel po’ che ha appreso in classe. Ma fa fatica a seguire, a non distrarsi. Gli manca il contatto diretto". Tre stanze, tre dispositivi, tre connessioni: mamma in smart working, figlio in terza elementare e uno in prima media. "Ci devono aiutare: noi famiglie siamo lasciate sole", accusa Costanza. I primi venti minuti di Dad è tutto un ‘Mi senti?’, ‘Mi vedi?’ ‘Non va la connessione’. "L’altro giorno eravamo tutti collegati, ma la connessione non reggeva. Mi sono staccata io". Certo "i ragazzi si impegnano: le lacune le vedremo il prossimo anno, ma nel frattempo?".

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