Gianni Morandi e Natale 2020: gli auguri a Bologna. "Resti una città accogliente"

L’artista a ruota libera con Giorgio Comaschi. "Sono delle Feste stranissime. Mi manca non rivedere tutti insieme figli, nipoti e parenti". Poi la carriera, la vita, il calcio

Gianni Morandi, 74 anni, al tavolino di un bar di Piazza Santo Stefano

Gianni Morandi, 74 anni, al tavolino di un bar di Piazza Santo Stefano

Bologna, 22 dicembre 2020 - Lasciamo perdere gli aggettivi. Già finiti. E le immagini trite del "dormire in un freezer", del "patto col diavolo" o del "ma come fa?". Basta. Avete presente la Regina Elisabetta? Ecco, nessuno sa di preciso quanti anni ha e da dove parte. Perchè c’è sempre stata. L’inizio è vago, molti lo ignorano. Bene, Gianni Morandi è la Regina Elisabetta. Solo che è di Monghidoro e non ha i tre giri di perle. Non sai dove comincia e non sai quando finirà, probabilmente mai. "Arrivo fra cinque minuti George… tieni fermo Schicchi per le foto", fa al telefono. Piazza Santo Stefano. Un cenno da lontano con la manona perchè ha il cappuccio tirato su, la mascherina del Bologna e sta telefonando. "Soccia Gianni… ma come cavolo fai?". "No eh’, anche te!". "Sì, hai ragione, scusa". Non lo vedevo da un po’ e quando non vedi uno da un po’, poi lo incontri e ti accorgi che è ringiovanito, cosa fai? Ti meravigli. E ti incazzi un filino. Due foto con la barista del Caffè delle Sette Chiese – perché Gianni è di tutti, per costituzione e definizione – poi ci sediamo, in quella piazza che per noi è come Piazza San Marco, Trafalgar, Union, San Pietro. Anzi, pensiamo sia molto meglio.

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Che razza di Natale è questo, Gianni? "Guarda, non mi sembra neanche vero. Io sono abituato che a Natale vedo nipoti, parenti, figli. Per un giorno all’anno ci si ritrova, famiglie allargate. La scusa per vedersi, quella dalla quale non puoi scappare, è questa. A me manca".

Però poi ci lamentiamo quando ce l’abbiamo il Natale. Come di tante altre cose... "Bè questo fa parte di noi. Siamo brontoloni. Siamo fatti così. Io ho vissuto Bologna in due parti. Dai tredici ai vent’anni ho vissuto il periodo dei ’biassanot’, delle notti, di una città ancora con l’eco di Dozza, di una Bologna ben amministrata. Poi sono sono stato a Roma trent’anni. E questo buco di tempo mi è servito per capire…".

Però Roma è Roma, eh Gianni? "Sì, città straordinaria, ma vuoi mettere il modo che abbiamo noi di stare insieme? Siamo brontoloni, però siamo accoglienti, tolleranti. Anche nel calcio. Le squadre avversarie vengono volentieri a Bologna".

Quindi sei d’accordo se dico che abbiamo avuto un po’ di culo a nascere qua? "Certo. Anche se io sono nato a Monghidoro, a due chilometri dalla Toscana: Me a son un muntanèr . Mi ricordo che le prime volte che venivo giù prendevo la Sita, la corriera, arrivavo in viale Oriani e andavo dalla Scaglioni in via Lame 61, a studiare canto…".

Si va bè, è inutile, tu ci sei sempre stato. "Oh, avevo tredici anni. Cantavo al Modernissimo con la Scaglioni e con Davio Vanelli, grande fisarmonica. Poi in giro, nelle balere dell’Emilia Romagna…eh bè sì, è passato un po’ di tempo".

Ma cosa avevi dentro quando sei venuto giù da Scaricalasino, cosa avevi dentro che ti ha fatto arrivare fin qui? "Avevo la voglia di andar via. Monghidoro era bella, ma quando partiva la corriera io volevo sempre prenderla quella corriera. Alla mattina la aspettavo perchè andavo a ritirare il pacco di giornali per mio padre che li distribuiva. Poi la corriera ripartiva. Ma io volevo prenderla…".

Dopo, anche metaforicamente, nei hai prese tante di corriere… "Sì. Delle corriere, dei treni, tutto. Avevo la voglia, l’entusiasmo. Che ho ancora adesso. Ti dico, mi sembra di aver vissuto di più di quello che ho vissuto".

La piazza ci sta intorno, la gente passa, addita, scusate, posso? Un autografo, un selfie. Quando vedono Gianni tutti fanno la faccia contenta. Come una reazione naturale. "Ma cosa vuoi. Sarà perché a me la vita ha sorriso tanto. E questo mi ha fatto stare bene con gli altri, non sono incazzato, non sono invidioso, se un mio collega ha successo io son contento, ti giuro… Cesare Cremonini mi ha regalato il suo libro con una dedica bellissima: ‘Caro Gianni, la tua storia è così grande che ci siamo dentro tutti’. Bello, no?".

Una volta mi dicesti: non è facile perchè io devo fare sempre Gianni Morandi. Ma quando mi guardo allo specchio a volte mi chiedo, ma chi sono poi io? Questo o quello? "Ma è normale sai. Anche tu allora devi fare Comaschi…".

Sì va bè, non vale. Tu di più. "È uguale. È vero comunque perché la gente si immagina chissà cosa, ma poi io sono uno che mangia le tagliatelle, vado al cinema. Come tutti".

Cosa diresti a Bologna per questo Natale? "Di rimanere così e continuare ad essere ospitale, neri, bianchi, rossi o gialli che siano. Essere sempre un po’ Balanzoni, un po’ Cardinale Lambertini… un po’ Dozza, un po’ Guazzaloca…". Saranno le nostre facce tonde… "Certo. Le facce da bolognesi. Tu per esempio, hai la faccia da bolognese. Da sindaco…".

Bàn xà dìt? "No, ma per dire… come senso di Bologna, del saper stare in mezzo alla gente".

Senti, ma non ti sembra che ci sia sempre Lucio dietro l’angolo, quasi a pilotare tutto, come gli piaceva fare? "Oi! Assolutamente sì. E se io e te lo vedessimo spuntare adesso, da dietro a una colonna, so che non ci meraviglieremmo tanto… Per me è sempre lì".

E come sta il vecchio cuore rossoblù? "Batte sempre. Continuo a essere un grande tifoso. Ma sai, io ho visto vincere lo scudetto nel ’64, quindi non è facile, capisci? Io sogno sempre che possa esistere un Leicester, un Cagliari, un Verona…cioè noi, che facciamo una cosa così".

Serve ancora cantare bene Gianni? "Meno. Conta di più comunicare qualcosa. Prendi Vasco, non puoi dire che sia un grande cantante, ma con quattro parole ti schianta, ti dice tutto, una forza incredibile".

Chi è il più grande cantante di sempre secondo te? "Sono tre: Nat King Cole, Frank Sinatra e Ray Charles. Una volta Lucio mi diede un disco di Ray Charles e mi disse: "Ascolta mò Gianni, c’àt fa bàn … ti fa bene".

E la politica? Come siamo messi? "Io ho la nostalgia dell’eleganza della politica. Adesso faccio un discorso da vecchio. Una volta c’erano scontri ad alto livello, Berlinguer e Almirante, Amendola, Moro, Zaccagnini. Adesso si litiga troppo. Nostalgia del bel modo di parlare. In italiano. Oggi ci si insulta, sbagliando i congiuntivi".

Gianni, l’uomo di sinistra, ma moderato… giusto? "Come diceva Bibi Ballandi, il mio grande manager: ’Gianni, adesso andiamo dal sindaco, poi andiamo dal Cardinale’. Il famoso ‘stare in mezzo’. Peppone e Don Camillo litigavano, ma poi stavano insieme. Il bolognese ha la capacità di ascoltare. Adesso succede un po’ troppo che quando l’altro parla, non vedi l’ora che finisca per saltar su e dire la tua".

E facciamo i lamentoni. E non ci va bene niente… "Ti dico una cosa George, prendendo spunto sempre da quello che diceva Ballandi: noi ci lamentiamo mo alla fèn…al bròd l’è gràs! Il brodo è grasso! In generale eh? Dico in generale, nel tempo, parlando di Bologna. Con tutto il rispetto per quelli per i quali purtroppo non lo è, soprattutto adesso".

Fa freschino. La città ci inghiotte, dietro via Farini. Con la sua faccia bella. Buon Natale.  

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