Goffredo Fofi, 50 anni di scritti ’irregolari’

Oggi in piazzetta Pasolini sarà presentato il volume ’Sono scemo e morirò cretino’

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di Claudio Cumani

Al libro ha collaborato soltanto fornendo il titolo (‘Sono nato scemo e morirò cretino’ è la citazione di una canzone di Nino Taranto) e un’epigrafe (‘La cosa più difficile nella vita è vivere senza mentire e senza credere nelle proprie menzogne’ da Dostoevskij). Per il resto, racconta il curatore Emiliano Morreale, non è voluto intervenire né nelle scelte né nella costruzione del volume (ed. Minimum fax) che raccoglie i suoi scritti nell’arco di oltre 50 anni (dal 1956 al 2021). Perché Goffredo Fofi, classe 1937, figura fra le più complesse e affascinanti della cultura italiana, ha fondato riviste, scoperto talenti, stroncato registi intoccabili. Ma non ama apparire, intervenire a presentazioni. E così ‘Sono nato scemo e morirò cretino’ verrà presentato oggi alle 19 nella piazzetta Pasolini nell’ambito del ‘Cinema ritrovato’, appunto dal curatore e dal critico Paolo Mereghetti. Morreale, come è nato il suo interesse per Fofi?

"È un maestro della critica cinematografica. Ci conosciamo da trent’anni e ho accolto con entusiasmo l’idea dell’editore di realizzare una sorta di antologia dei suoi scritti. Accompagnati come siamo dal rumore di fondo del web, è necessario concentrarsi sul best off di un intellettuale come lui".

Come è costruito il libro?

"Ho preso in esame gli scritti sull’attualità dei vari periodi e li ho proposti in ordine cronologico. Testi di critica cinematografica e letteraria, analisi sociali, riflessioni: è un modo per far scorrere davanti al lettore i suoi tanti versanti d’interesse. Ma è anche un percorso che ci guida in mezzo secolo di vita italiana".

Perché definire Goffredo Fofi critico militante?

"La sua è una doppia militanza. Non solo non è un accademico ma ha svolto un lungo lavoro nel sociale: a Palermo con Danilo Dolci, a Roma come educatore di minori, a Torino sul versante dell’integrazione".

Restano leggendarie le sue stroncature...

"Si tratta di pagine sempre molto motivate, sia che parli di Woody Allen o di ‘Ultimo tango a Parigi’. Sono però significative anche le considerazioni critiche sui fenomeni culturali. La sua è un’idea di cinema radicale e inventiva, mai pedissequa".

Un grande irregolare, insomma?

"Non è laureato, non è borghese e, l’ho detto, non è accademico. Ha avuto rapporti con grandi personalità del secondo Novecento ma solo due sono stati i suoi riferimenti importanti, Elsa Morante e Carmelo Bene. Con Fellini strinse amicizia tardi, dopo un periodo di polemiche".

Un capitolo fondamentale della sua attività riguarda le riviste che ha fondato e a cui ha collaborato. Una palestra del pensiero?

"Ho cominciato a conoscerlo proprio leggendo tanti anni fa ‘Linea d’ombra’, il mensile da lui diretto a partire dall’83. Ma ancor prima sono state fondamentali le collaborazioni a ‘Ombre rosse’ o a ‘Quaderni piacentini’".

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