
Una delle armi bianche sequestrate dalla polizia. durante i. 12 arresti a membri della chat neonazista ’Werwolf Division’
Si complica la situazione dei cinque "neonazisti" bolognesi accusati di associazione a delinquere con finalità di terrorismo e propaganda e istigazione a delinquere per discriminazione razziale, etnica e religiosa, arrestati mercoledì della scorsa settimana nel blitz della polizia – 12 arresti totali – al culmine dell’indagine della Digos.
Dopo l’interrogatorio di sabato scorso, infatti, ieri è stata notificata ai loro difensori la decisione della giudice per le indagini preliminari Nadia Buttelli. La gip ha rigettato le istanze di scarcerazione o domiciliari presentate da alcuni degli avvocati degli indagati, tra cui i presunti "capi" della chat Telegram ’Werwolf Division’ in cui si inneggiava al nazismo e si progettavano attentati contro la premier Giorgia Meloni.
In particolare, nel motivare il rigetto nei confronti di Alessandro Giuliano, l’unico dei cinque a non essersi avvalso della facoltà di non rispondere all’interrogatorio e che lì prese le distanze dal gruppo sostenendo di avere rotto ogni rapporto già dall’estate 2023 dopo pochi mesi di conoscenza, la gip fa riferimento al rinvenimento durante la perquisizione informatica sui dispositivi sequestrati agli indagati di una chat Signal (dunque con un canale differente rispetto a Telegram) del 30 settembre scorso, in cui Giuliano comunicava con gli altri, uno dei quali lo chiamava "generale", e facevano riferimento a una terza chat "segreta" detta ’Gruppo Charlie’. Non è noto però, per ora, chi fosse in quella chat e soprattutto cosa questa contenga. Ma deve avere preoccupato gli inquirenti.
Martedì sera, lui e almeno altri due dei cinque bolognesi detenuti alla Dozza sono stati trasferiti in altre carceri italiane (Giuliano è a Sassari, Federico Trevisani a Ferrara e suo fratello Daniele ad Alessandria), in reparti di alta sicurezza. Una prassi per associazione a delinquere con finalità di terrorismo o gravi reati politici, non essendoci a Bologna il reparto apposito. Ma che ha colto di sorpresa i legali degli indagati. E non si esclude che nella decisione possa avere influito anche quanto emerso da queste chat recentemente scoperte.
Per Federico Trevisani, la gip ha respinto la richiesta di perizia psichiatrica del suo avvocato Elisa Lupi, per "mancanza della documentazione" necessaria. Carenza dovuta ai tempi tecnici di richiedere formalmente e ottenere gli atti relativi a un’assoluzione del Trevisani, nel 2020, per la sua incapacità di intendere e volere legata a una schizofrenia diagnosticata, spiega la stessa Lupi. "Questi trasferimenti pregiudicano moltissimo il diritto di difesa dei nostri assistiti – riflette invece l’avvocato Gabriele Bordoni, che difende Giuliano –. Martedì avremo l’udienza al Riesame e il mio assistito non potrà partecipare dal vivo. Quali esigenze legate alla sua pericolosità erano tali da non poter attendere quattro giorni? Da quanto finora contestato, non mi pare ci siano".