I rapinatori traditi da accento e telefonate

Il colpo al Banco Desio a maggio 2019: la batteria di napoletani che aveva preso in ostaggio tredici persone è finita in manette

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È stata un’inflessione dialettale a far cadere i rapinatori. Lo scorso anno, al Banco Desio di via della Ferriera, a Santa Viola, quattro banditi, dopo aver chiuso in un locale dell’istituto tredici persone, tra clienti e impiegati, avevano atteso l’apertura delle casse temporizzate e poi se ne erano andati con 66mila euro in tasca. La rapina, senza violenza, né armi, era stata messa a segno il 10 maggio 2019. E ieri, la Squadra mobile ha eseguito sette misure cautelari (sei in carcere, una ai domiciliari) per altrettanti membri della batteria, tutti originari del capoluogo campano, accusati di aver preso parte a quel colpo e ad altre due rapine messe a segno alla banca di Piacenza di Cadeo, il 20 giugno successivo, e al Monte dei Paschi di Padova, il 25 settembre scorso. Per un bottino complessivo di 310mila euro.

Al Banco Desio erano entrati in azione Giovanni Catone, il ‘frontman’ della banda, incensurato, che era entrato per primo e poi aveva aperto la strada agli operativi Pasquale Mancini, 61 anni, e Biagio Reca, 66 anni, e al basista Raffaele Mocerino, di 47 anni. Quest’ultimo, residente a Parma, assieme al padre Michele, di 74 anni (adesso ai domiciliari al Rizzoli dove si trova ricoverato), si occupava della scelta degli obiettivi e dei sopralluoghi. E poi dava ospitalità ai colleghi trasfertisti, in arrivo da Napoli. In manette sono finiti anche Gennaro Ambrosio, 57 anni, e Luigi Rusciano, di 36 anni.

Gli investigatori della sezione Reati contro il patrimonio della Squadra mobile diretta da Luca Armeni, hanno avviato le indagini da un particolare: l’accento campano dei rapinatori. Partendo da questo dettaglio, hanno sviluppato accertamenti sulle utenze telefoniche che agganciavano, la mattina della rapina, la cella di Santa Viola. E da lì hanno isolato due schede, acquistate nello stesso rivenditore a Napoli e intestate a due prestanome tunisini. Uno degli ostaggi del Banco Desio aveva parlato di una telefonata ricevuta da uno dei rapinatori: e dai tabulati dell’utenza ‘citofono’ è emerso così il primo nome, quello di Raffaele Mocerino. Che quella mattina aveva ricevuto una chiamata dal padre, mentre era in azione con i complici nella banca. A qusto punto, attraverso una serie di tabulati e incroci, i poliziotti hanno ricostruito, tassello per tassello, tutti i membri della batteria. E hanno accertato che avesse agito anche a Piacenza, pochi giorni dopo. Hanno messo sotto controllo le utenze, hanno intuito di un colpo in programma a Padova, ma, malgrado il coinvolgimento dei colleghi veneti, non sono riusciti a bloccarlo. A novembre, poi, Ambrosio e Mancini, assieme a Reca e a un altro complice, Bruno Simonetti, sono entrati in azione a Comacchio, dove sono stati arrestati in flagranza dai carabinieri. Ieri, al termine delle indagini coordinate dal pm Stefano Dambruoso, il gip Rosanna Oggioli ha firmato le sette misure. E anche il resto della batteria è finito dietro le sbarre.

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