Il ’malandrino’ di Branduardi, sacro e profano

L’artista oggi in Salaborsa presenta il suo libro. Domani sera il concerto al teatro Duse

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di Pierfrancesco Pacoda

Dalle arie popolari della tradizione italiana alla fascinazione per la poetica di San Francesco d’Assisi, dai successi da classifica alla scoperta della mistica Hildegard von Bingen alla quale ha dedicato il nuovo spettacolo, ’Il cammino dell’anima’, Angelo Branduardi è un musicista che ha attraversato 50 anni di canzone italiana sperimentando linguaggi e suoni diversi. Un’avventura raccontata nel suo libro ’Confessioni di un malandrino. Autobiografia di un cantore del mondo’ (Baldini+Castoldi), che presenta questa sera in Salaborsa (ore 18). La sua permanenza bolognese prosegue domani con un concerto al Teatro Duse (via Cartoleria, ore 21 ).

Branduardi, il titolo della sua autobiografia è un omaggio a una delle sue canzoni più famose.

"Guardarsi indietro significa necessariamente fare i conti con le svolte, i cambiamenti che hanno segnato una vita interamente dedicata alla musica. Era inevitabile partire dalla canzone che mi ha dato lo notorietà per ricostruire incontri, amicizie, passioni, ma anche momenti critici della mia carriera".

Come quando fece ascoltare ’Alla fiera dell’Est’ all’allora direttore artistico della sua casa discografica.

"Mi aspettavo una reazione normale, il brano poteva piacere o meno. Lui, invece, si mise a ridere, la sola idea di mettere la parola ’topolino’ in una canzone, gli sembrava una assurdità, un omaggio al demenziale. Ma io andai avanti e produssi il brano da solo. E’ stata una scelta che allora sembrava folle, ma noi ci credevamo".

Poi ci sono gli incontri artistici con tante personalità.

"È la vera fortuna di fare questo lavoro. Si tratta di patrimoni culturali che hai la rara occasione di fare tuoi. Penso al grande Ennio Morricone, con il quale ho collaborato per il brano ‘Salmo’ nel lavoro ’L’infinitamente piccolo’, su San Francesco d’Assisi. Lui mi aveva invitato a interpretare, in un concerto del 2012, i titoli di testa di ’Uccellacci e uccellini’, il film di Pasolini che nella pellicola sono cantati da Domenico Modugno. Un continuo sperimentatore, mi ha insegnato ad aprire ogni volta orizzonti nuovi".

Qual è la più grande differenza, per un ragazzo che vuole fare oggi il suo lavoro, rispetto alla sua storia artistica?

"Oggi manca totalmente l’idea che arrivare significhi fare la gavetta. Si tratta di una parola che i più giovani nemmeno conoscono. La carriera di un musicista si costruisce negli anni, quando io ho iniziato le case discografiche che decidevano di seguire un nuovo talento, facevano un investimento di cinque anni su di lui. Adesso è vero che è molto più facile fare un disco, ma se il mercato non risponde subito, c’è un altro esordiente da provare".

Il concerto di domani, ’Il cammino dell’anima’, svelera il suo aspetto maggiormente spirituale.

"La prima parte è interamente dedicata al disco su Francesco d’Assisi, poi presento il lavoro su Hildegar von Bingen, seguito da tutti i brani più noti cantati in 50 anni di carriera. Da Cogli la prima mela a Pulce d’acqua, da La luna sino Alla fiera dell’Est, un viaggio musicale tra sacro e profano".

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