Il ragù ‘segreto’ e la maestria dei bottegai

Giorgio

Comaschi

Il bottegaio ha giocato il jolly. E’ automaticamente un idolo. La negazione ha un valore doppio. Il cliente si sentirà un privilegiato, quello al quale non si dà un ragù venuto così così, o un ragù non degno del suo lignaggio. Ecco il rilancio. "Ho invece del prosciutto speciale, dolcissimo, fantastico!". Cosa fai non lo compri? Certo che lo compri. A occhi chiusi. Il bottegaio in realtà (ma a questa sfumatura ci si arriva dopo, con anni di esperienza), deve finire un prosciutto che è lì da un po’ e ci dà dentro che le balle (o zecche per dirla in gergo). Perfetto. la signora compra il prosciutto.

Lui la convince a comprare anche del vitel tonnè speciale ("che è quello che prende sempre anche il sindaco", mica vero, a Lepore non piace il vitel tonnè, ma fa effetto), e delle polpettine "appena fatte". Ogni cosa che stai per comprare in bottega, fateci caso, è appena fatta. Tutto appena fatto, col bottegaio che si è svegliato alle tre di notte per farlo, altrimenti sarebbe andato lunghissimo coi tempi e non avrebbe aperto.

A quel punto può capitare che dica: "Aspetti un attimo". Va nel retro e rispunta poco dopo con un cartoccio misterioso, fa il giro del bancone, viene fuori e lo infila con mossa furtiva nella borsa della signora. "Questo è il ragù che mangio io, quello speciale, non l’altro, questo glielo do, solo perché è lei".

La cliente, o il cliente, è ai sette cieli. Paga il conto (in cui c’è anche ovviamente quel ragù) e va via contenta. Per la cronaca, il ragù era sempre quello dell’inizio, quello del "non glielo do". Ma questa è maestria. Punto e basta.

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