Imprenditore accoltellato a morte La moglie rinviata a giudizio

Hanane Ben Sabeur lo scorso maggio aveva colpito con un coltello da cucina. Dario Devincenzi, 63 anni

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Si aprirà il prossimo 4 luglio in Corte d’Assise il processo a carico di Hanane Ben Sabeur, accusata dell’omicidio del marito, l’imprenditore Dario Devincenzi, 63 anni, accoltellato la sera del 23 maggio 2021 e morto all’ospedale Maggiore dopo mesi di coma e sofferenze, lo scorso 1 dicembre. La donna, 44 anni, difesa dall’avvocato Alexandro Maria Tirelli, è stata rinviata a giudizio ieri mattina, nel corso dell’udienza preliminare davanti al giudice Alberto Ziroldi.

Che non ha accolto la richiesta della difesa, che avrebbe voluto che il gup disponesse d’ufficio un’altra perizia psichiatrica sulla donna, volta a valutare la sua capacità di intendere e di volere al momento dell’aggressione nei confronti del marito e anche la sua capacità di affrontare un processo. Sia il pm Luca Venturi, che la difesa avevano già presentato le proprie perizie, che concludevano la prima per la capacità, l’altra, invece, per un vizio psichiatrico dell’imputata. "Che è in una struttura psichiatrica – spiega l’avvocato Tirelli – e che è stata accompagnata dai medici ad assistere al processo. Riproporremo la nostra richiesta alla Corte d’Assise".

La donna, già prima della violenta aggressione che ha portato alla morte dell’imprenditore, era stata seguita in strutture dell’Appennino per problemi depressivi. La linea della difesa è che Ben Sabeur abbia agito in un’esplosione di rabbia, dovuta a un contesto famigliare di vessazioni e abusi: "Siamo pronti a portare in aula testimoni che lo provino", dice ancora Tirelli. Una teoria che i parenti dell’imprenditore ritengono del tutto infondata e che sono pronti a contestare: nel processo si sono costituiti parte civile i fratelli della vittima, rappresentati dall’avvocato Saverio Chesi, che si stanno ora occupando dei figli minorenni della coppia, affidati a un curatore speciale. Anche quest’ultimo si è a sua volta costituito parte civile per conto dei bambini nei confronti della mamma.

"Ci aspettavamo questa decisione da parte del gup e siamo soddisfatti. Dopo tutto il processo è l’approdo naturale dove affrontare una vicenda drammatica come questa", ha concluso l’avvocato Chesi.

n. t.

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