Pamela Malvina Noutcho Sawa ha le spalle forti e la mente determinata, così come ricorda ogni volta che indossa i guantoni da boxe nella palestra popolare della Bolognina, o la divisa da infermiera, all’Ospedale Maggiore dove lavora. Ma anche il cuore italiano, proprio come testimonia la sua storia, partita a soli otto anni dal Camerun verso il Bel Paese per ricongiungersi al padre, trasferitosi per studio e lavoro a Perugia. Un legame con il territorio che ha scelto, e che ora, dopo 22 anni, viene finalmente celebrato da un traguardo più che atteso: la cittadinanza italiana.
Pamela, cosa ha provato, ieri mattina, quando ha firmato i documenti?
"E’ un sogno che finalmente si è realizzato. Il momento è stato di breve durata, così come succede sempre quando attendi un evento per anni: vola in un lampo. Non mi sento diversa dal giorno prima, perché ho sempre sentito di appartenere all’Italia, ma è chiaro che questa firma sia per me fondamentale".
Qual è la prima cosa che farà adesso?
"Una delle mie più care amiche abita in Inghilterra, ed io ho sempre desiderato andarla a trovare. Stamattina (ieri mattina, ndr), appena uscita da Palazzo d’Accursio mi ha scritto un messaggio, dove mi diceva di prendere un volo il prima possibile. Sembrerà una stupidaggine, ma non lo è: poter volare, spostarsi e muversi con tranquillità è una sensazione impagabile, ora possibile grazie al visto".
E poi?
"Inoltre, per ciò che riguarda la boxe, avrò la possibilità di combattere per un titolo nazionale ed europeo, cosa che prima era impossibile. E dimostrerò così che non è assolutamente vero che non esistono italiani neri".
Cosa direbbe a sé stessa, riguardandosi indietro?
"Di non mollare mai. Ma anche di avere, allo stesso tempo, una grande pazienza. In realtà se ci penso, questo è lo stesso messaggio che inverei a tutti gli altri ragazzi che attendono, da diversi anni, di arrivare allo stesso risultato e ottenere la cittadinanza italiana. Non è facile, ma bisogna essere determinati, avere una grande forza di volontà e continuare a sperare che un domani la legge permetterà a quei tanti ragazzi e ragazze che si sentono italiani di esserlo anche sulla carta. Perché quel riconoscimento ci consente tante, tantissime cose".
Giorgia De Cupertinis
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