ANGELO
Cronaca

Marzocchi, pioniere della fotografia. Inventore con lo sguardo nel futuro

Originario di Molinella, documentò il dramma del primo conflitto mondiale e fu un vero innovatore. Viaggio nella mostra allestita nel Sottopasso che ricostruisce epoche e uomini della nostra città. .

Marzocchi, pioniere della fotografia. Inventore con lo sguardo nel futuro

Marzocchi, pioniere della fotografia. Inventore con lo sguardo nel futuro

Varni

È certo affascinante il ricchissimo cammino di immagini lungo il quale è accompagnato il visitatore della mostra Bologna fotografata, persone, luoghi, fotografi, allestita dalla Cineteca nel Sottopasso di via Rizzoli, per ritrovare la secolare vicenda storica della città. Vi si colgono sia le trasformazioni urbanistiche, non meno che le modifiche negli abiti, nei gesti, persino nei volti delle persone e finanche le diversità delle stesse atmosfere evocate a far da sfondo a quanto rappresentato, con un sentimento tra nostalgia di composta e ordinata intimità perduta, certezza di progresso materiale raggiunto, speranza di un perseguito miglioramento sociale.

Ma questo sguardo capace, grazie alle suggestioni offerte dalla mostra, di abbracciare la storia di così tanti decenni, trova alimento nell’originale e documentata presentazione di quei bolognesi che, professionisti e dilettanti, credettero fin da subito nelle ’virtù’ tecniche della fotografia, quale inedita riproposizione della realtà e testimonianza di un presente da inviare nel futuro. Fa sicuramente parte di tale schiera di appassionati la figura estrosa ed emblematica di certe attitudini inventive della manifattura della nostra città, quel Luigi Marzocchi, nato a Molinella nel 1888, fratello maggiore di Gino pittore di qualche notorietà, e che già giovanissimo artigiano nell’officina paterna si era cimentato nell’invenzione, appunto, di un macchinario utile alla lavorazione della canapa.

Non poteva, quindi, che essere ammaliato dalle possibilità offerte dalla fotografia, ma anche in questo caso arricchendole con la ricerca dello sviluppo della tecnica stereoscopica, per la quale avrebbe in seguito costruito un particolare apparecchio per tale visione tridimensionale. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale fu, dunque, dapprima arruolato, per le sue competenze nella meccanica, nel drappello automobilistico del Comando Supremo, per passare poi nell’estate del ‘15 a organizzare il Reparto Fotografico dello stesso Comando, dedicandosi a un imponente lavoro di documentazione originale delle diverse fasi dei combattimenti, in particolare delle tre battaglie del Piave, dalla resistenza dopo la disfatta di Caporetto fino all’offensiva finale di Vittorio Veneto e alla conquista di Trento e Trieste. Si tratta di un susseguirsi di scene di guerra tra marce forzate, attese disagevoli nelle trincee, sfilate dolorose di prigionieri, sempre nell’intento di porre in luce l’eroismo impavido dei nostri soldati a fronte delle difficoltà del nemico.

Del resto fu proprio quello il momento che segnò il passaggio, agli occhi dei supremi comandi militari, dell’utilizzo della documentazione fotografica da spia pericolosa della realtà, da cui guardarsi, a strumento di propaganda per un positivo coinvolgimento dell’opinione pubblica e della truppa impegnata sul campo verso una diretta partecipazione alle sorti della guerra. Un mutamento che, proprio dopo Caporetto, riguardò l’intero sistema di comunicazione del nostro esercito, finalmente convinto dell’importanza di affidare a tutti i mass media del tempo il compito di sostenere lo sforzo bellico in corso.

Per altro il nostro Marzocchi, tornato dopo la guerra nella sua Molinella, fu sollecitato dallo stesso Massarenti, il nume tutelare del mondo del lavoro locale, a lasciare la cittadina per trovare luoghi adeguati a esprimere al meglio la sua creatività. Si trasferì, quindi, a Milano dove tentò di dar seguito imprenditoriale alla sua passione per la fotografia, fondando la ditta ’La stereoscopica’, per produrre e vendere visori di lastre stereoscopiche, in particolare di quei soggetti militari.

Nonostante l’indubbia qualità e originalità della proposta, l’iniziativa fallì per il generale rifiuto, nel diffuso clima di oblio di un’esperienza tanto dolorosa, di rivedere e ripensare alla guerra appena conclusa. A questo punto, Marzocchi ritrovò le sue attitudini di artigianale inventività, cimentandosi soprattutto nelle strumentazioni medicali, realizzando, tra l’altro, la prima macchina infialettatrice per il taglio, il dosaggio e la saldatura delle fiale per iniezioni ipodermiche, il cui brevetto fu acquistato dalla Wassermann. Un’attività che gli fece vincere nel 1934 la Medaglia d’oro alla Fiera di Milano e nel 1937 il Gran Prix dell’Esposizione Universale di Parigi. Finì, quindi, per contribuire alla trasformazione dell’industria bolognese, in grado di sviluppare innovative e complesse strumentazioni capaci di risolvere i problemi del packaging in tutti i settori industriali che avessero l’esigenza di dosare, impacchettare, confezionare i prodotti, con particolare riguardo all’imponente crescita del comparto medico-farmaceutico.

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