Medici di famiglia a Bologna, ne mancano 124

In base ai dati Ausl, sommando anche la provincia, si arriva fino a 288. Fabio Brinati (vice segretario dello Smi): "È uno scenario tragico"

Ambulatorio medico (foto archivio)

Ambulatorio medico (foto archivio)

Bologna, 20 aprile 2022 - Centoventiquattro medici di famiglia mancanti solo nella città di Bologna, con la provincia (quindi in totale) sarebbero 288. I dati emergono dall’analisi delle tabelle che vengono fornite dall’Azienda Usl di Bologna durante gli incontri sindacali.

"Direi che la situazione è piuttosto tragica perché questi sono gli ultimi dati che ci sono stati forniti in autunno e che facevano una previsione di cosa sarebbe successo, ma la situazione è sicuramente peggiorata – commenta Fabio Brinati, medico di medicina generale e vice segretario regionale dello Smi (Sindacato medici italiani) –. Sono carenze che dovrebbero essere colmate a luglio ma, secondo la mia opinione, lo saranno solo in minimissima parte: è un buco nero che difficilmente si può chiudere in pochi mesi. E i medici attivi hanno un carico di lavoro che ha ampiamente superato il rapporto medico-paziente delineato dall’accordo collettivo nazionale".

Un accordo che indica come il rapporto ottimale delineato sia di un medico ogni mille abitanti. Con un margine di tolleranza che può far arrivare a 1.300 il numero di pazienti a carico di ogni medico di famiglia, ma quasi tutti i professionisti, nel Bolognese, non hanno meno di 1.500 assistiti.

Dai dati dell’Azienda Usl emerge poi che ci sarebbero oltre 32mila bolognesi che non hanno scelto un medico. "E’ un dato all’interno del quale ci può essere una volontarietà di non avere il medico di famiglia, ma penso che la maggior parte di persone non ne abbia la possibilità in quanto non riesce a scegliere perché quelli disponibili sono troppo lontani dalla zona in cui risiedono. Un problema che riguarda molti anziani soli", riflette Brinati che analizza anche il problema delle zone con il maggior numero di medici mancanti: Navile e San Donato.

"Sono luoghi difficili, con problematiche sociali che richiederebbero un lavoro in team multidisciplinari e che non possono essere risolte solo dai medici di medicina generale. Ecco perché non vengono scelte. Il direttore generale dell’Ausl, Paolo Bordon, parla dell’offerta di ambulatori con segretaria, ma il problema non è solo quello: bisogna arrivare alla sburocratizzazione della nostra professione".

Il problema delle tante mansioni che non sarebbero di competenza dei medici di famiglia vengono sottolineati anche da Brinati che propone alcune soluzioni: "Togliere tutta una serie di mansioni dal rinnovo dei piani terapeutici, alle mail da inviare per ogni cosa, alle prenotazioni tamponi, alle prescrizioni di medicinali di routine che potrebbero essere risolti in altri modi, come avviene già in altri Paesi europei. Questo si può fare – spiega – attivando una rete telematica, naturalmente protetta dalla privacy, dove le terapie fisse sono aggiornate dagli specialisti o dai medici di famiglia che poi arrivano direttamente alle farmacie. Sa quanto tempo si risparmierebbe che andrebbe a beneficio dell’assistenza dei pazienti?".

Altra soluzione proposta è l’aumento del numero di borse di studio per la specializzazione: "Quello è uno degli altri problemi che dovevano ampiamente essere previsti. L’Emilia-Romagna, per il triennio 2021-2014, ne ha fissate 317, ma dovrebbero essere tre/quattro volte superiori – dichiara il medico – perché in questo numero ci sono anche medici che poi opteranno per la specialistica ospedaliera in quanto hanno fatto entrambe le iscrizioni, altri che non resteranno in regione. Il concetto di raggruppamento dei professionisti delineato da Bordon è giusto ma non si deve perdere di vista la capillarità sul territorio, altrimenti non si fa medicina di prossimità".

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro