BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Missione in Terra Santa. Il ritorno dei pellegrini. Zuppi: "Il dolore non generi altro dolore"

L’arcivescovo racconta i giorni in Medio Oriente, a un passo dal conflitto "Riflessione, scelta, ascolto: dobbiamo imparare a vivere insieme. È l’unico modo per riuscire a spegnere l’incendio in Palestina".

Missione in Terra Santa. Il ritorno dei pellegrini. Zuppi: "Il dolore non generi altro dolore"

"Tanta sofferenza, tanto dolore, tanto bisogno di ascolto e anche tanta gratitudine per esserci ricordati di loro, da parte di tutti. Ma anche il desiderio di consolazione, sepolto sotto tanto odio, violenza e senso di ingiustizia". Monsignor Matteo Zuppi è tornato dal pellegrinaggio in Terra Santa e questo è ciò che ha riportato con sé sotto le Due Torri. Il fardello di un popolo, verrebbe da dire, che solo un uomo di grande fede può sostenere. Un’esperienza nei luoghi del Vangelo condivisa però con 160 persone che hanno partecipato all’iniziativa promossa dall’arcidiocesi di Bologna in collaborazione con il Patriarcato di Gerusalemme. Ma Monsignor Zuppi rivela a tutti anche la convinzione che ha generato in lui questo viaggio, ovvero che "il dolore non deve essere motivo di altro dolore: non c’è una classifica". Parole suggerite da un incontro con la mamma di Hersh, uno dei tanti ostaggi ancora in mano ad Hamas.

È questo l’atteggiamento che serve per "cominciare a spegnere l’incendio" in Palestina, rammenta il cardinale, che ancora porge una riflessione: "Credo che sia l’atteggiamento più vero e importante per tutti, per guardare al futuro, perché la pace, in fondo, non è solo qualcosa di tecnico, ma vuol dire tante cose: riflessione, scelta, comprensione del dolore, ascolto, interiorità. Vuol dire imparare a vivere insieme".

Proprio ieri la madre di Hersh ha scritto a Zuppi dicendogli che "incontrare te e il tuo bellissimo e caldo gruppo è stata una tale fonte di conforto e sostegno per me. Ho visto il dolore, l’empatia e le lacrime sui volti delle persone gentili, benevoli e premurose nella stanza. Ha toccato il mio cuore ferito e malconcio. Penso che quando le persone sono unite con la fede nell’amore del Signore, porta un sussurro della salvezza in arrivo che tutti aneliamo. Ho il desiderio che la sofferenza finisca... la sofferenza di mio figlio, di tutti gli ostaggi e di tutte le centinaia di migliaia di civili innocenti a Gaza".

In aereo diretta a Washington, l’attivista Rachel Goldberg-Polin chiede a Zuppi di ringraziare i pellegrini "per la loro donazione premurosa e generosa alla nostra campagna per aiutare a portare Hersh a casa".

E continua: "E, per favore, ringraziali anche per le loro belle espressioni di compassione e grazia che mi hanno mostrato mentre ero con loro. Non dimenticherò mai la tua e la loro gentilezza". Ai pellegrini ha scritto invece don Firas Abedrabbo, parroco di Ain Arik, dove svolgono il loro servizio i monaci dossettiani e dove Zuppi ha celebrato la messa con una omelia tradotta in arabo, ringraziando "per il vostro coraggio, la vostra carità e in particolare per il vostro generoso gesto materiale".

Un contributo che servirà al lavoro "pastorale e caritativo, soprattutto in questi giorni difficili di orribile guerra e sotto l’occupazione sempre più dura della nostra terra".

Forza Carlino, mi raccomando, ogni giorno non dimenticare mai di creare un nuovo tremendo pericolo con cui terrorizzare il popolino e contro cui scagliarsi indignati! Ogni giorno una nuova emergenza,