Nino Castorina morto, Bologna piange il ristoratore dei vip

I 'Notai', il suo locale vicino a San Petronio, era il tempio della città elegante. Fra il 1975 e il 1997 tanti personaggi fra i tavoli e giovani chef di talento

Nino Castorina, anima del ristorante Notai in via de’ Pignattari

Nino Castorina, anima del ristorante Notai in via de’ Pignattari

Bologna, 23 aprile 2019 – La sera tardi, quando le ultime meringhe al cioccolato e qualche bicchierino di Armagnac erano stati serviti da tempo, Nino Castorina si avvicinava al piano e intonava il suo pezzo forte: ‘My way’ di Frank Sinatra. Senza mai allentare il nodo della cravatta. Impeccabile come alle 11 del mattino. Una volta il suo pianista fu Bruno Martino, quello di ‘E la chiamano estate’. Tra il 1975 e il 1997, i Notai era il tempio della Bologna elegante, la più viva, la meno chiusa nel culto miope del dio tortellino.

Via de’ Pignattari 1. Non solo ristorante, non solo piano bar con i cocktail del maestro Giorgio Guida, il papà di Gloria. Al monumentale bancone in rame e ai tavoli della raffinata sala, nascosta a fianco di San Petronio, passavano i volti dei soliti noti, dei miracoli imprenditoriali, della politica e tanto altro. Enzo Ferrari, Sarah Vaughan, gli U2 al gran completo, Gilles Villeneuve, teste coronate, premi Nobel. Anima, primattore e regista di tutto questo era lui, Castorina Salvatore detto Nino, morto il giorno di Pasqua a 86 anni, accanto alla moglie Daniela e alla figlia di lei, Rossella.

Una feroce malattia non è mai riuscita, nemmeno nei momenti più duri, a togliergli l’ironia, il gusto di scoprire buone tavole, di incontrare vecchi e nuovi amici. Non era uno chef, ma un ristoratore, come ce ne sono ormai pochi. E un fine sommelier. Studi classici, giacche di buon taglio, i Ray-Ban sfumati, la Jaguar con gli interni in radica, la Mg verde oliva, la passione per ogni tipo di bellezza, il suo inglese fluente come l’italiano. Impossibile passare inosservato, per un tipo del genere. Solo a 40 anni gli venne voglia di aprire un ristorante, dopo una lunga giovinezza passata tra Bologna e Napoli a vendere vini preziosi, superalcolici e prelibatezze introvabili. Debuttò nel 1973 in un’accogliente trattoria che ancora esiste a Badolo.

Un paio d’anni dopo scese in città per la scommessa della vita: i Notai. Cucina moderna, secondo i precisi consigli di un amico quasi coetaneo: Gualtiero Marchesi. Tutto liberty, dalle lampade al menù impreziosito dai disegni di Alfons Mucha. Tagliatelle sì, ma al profumo di cedro. Foie gras, lumache, cacciagione, filetti alla fiamma. Tradizione e tante idee, emiliane, piemontesi, francesi. Il successo, certificato dalla stella Michelin, fu quasi immediato. La cucina dei Notai era una formidabile scuola. I suoi ex ragazzi si chiamano Franco Cimini, oggi al Mirasole di San Giovanni in Persiceto, Vincenzo Vottero, chef di Vivo e presidente dei ristoratori Ascom, Silvano Librenti, cuoco del rinato Diana. E poi Giuseppe Garofalo e tanti altri. Per un breve periodo, anche un giovanissimo Bruno Barbieri.

Molti gli sono legati come i figli che Nino non ha mai avuto. Ne raccontano l’aplomb, la generosità, l’innata capacità di entrare in sintonia con ogni tipo di cliente, di domare ogni imprevisto. Ricordano le sue gare di barzellette con Walter Chiari a fine cena, i suoi memorabili scherzi di gruppo, compresi quegli schiaffi in stazione che poi Tognazzi e Moschin resero indimenticabili in ‘Amici miei’ (copyright Nino). Castorina non si scompose quando un decanter di vino rosso si rovesciò sul tavolo di un ispettore Michelin: «Addio seconda stella». Non fece una piega quando il mitico sassofonista Gerry Mulligan, dopo avere ordinato un’insalatina davanti agli occhi della sua nobile e bellissima consorte milanese, lo chiamò da parte e gli chiese di servirgli due porzioni di tagliatelle al ragù nel bagno degli uomini. «Sono a dieta, non voglio che mia moglie...». Le tagliatelle arrivarono puntualmente in toilette con un bicchiere di ottimo sangiovese. Mulligan lasciò una mancia adeguata.

Nino avrebbe potuto scrivere una grande autobiografia. Invece scriveva poesie, tenere e garbate, che ogni tanto metteva su Facebook. «Ho vissuto una vita piena. Soprattutto, l’ho fatto a modo mio».

Potrebbero essere versi suoi, ma sono parole di ‘My way’. Domani alle 9 i funerali, all’Hospice di Bentivoglio.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro