Padre Marella, il cardinale Zuppi: "Ci indica il futuro"

Oggi alle 16 in piazza Maggiore la messa per la beatificazione di don Olinto

Il cardinale Zuppi oggi alle 16 celebra la funzione per la beatificazione di Padre Marella

Il cardinale Zuppi oggi alle 16 celebra la funzione per la beatificazione di Padre Marella

Bologna, 4 ottobre 2020 - Il cardinale arcivescovo Matteo Zuppi presiederà questo pomeriggio in piazza Maggiore la Messa in cui sarà beatificato Padre Marella. La Chiesa, così, rende ufficiale quello che già sapeva. Per la sua carità, per il suo spendersi incessantemente per gli ultimi e per la sua fede, don Olinto era un sant’uomo e un esempio da imitare.

Aggiornamento La beatificazione

"Da oggi Bologna ha una compagnia in più – spiega il cardinal Zuppi – una presenza in più e una responsabilità in più. Per noi c’è la consapevolezza di vivere in una Chiesa così piena di testimoni che hanno saputo vivere in grande spirito di obbedienza. A questo si aggiunge l’amore per i poveri e anche per la cultura, quest’ultima intesa nel senso più pieno e profondo del termine, cioè fornire all’uomo le categorie per capire fino in fondo il momento che si sta vivendo. C’è un gran bisogno di una cultura vissuta come la viveva Padre Marella: nella Chiesa il più grande è quello che serve, quindi, questo è un riconoscimento non per sentirsi più grande, ma per servire di più. Oggi don Olinto ci invita a tornare all’essenziale, specie in questo tempo di pandemia, a cercare il futuro per gli ultimi perché così vi sarà per tutti, a non cedere alla rassegnazione, al senso di fatalismo, o a pensare che siano altri a doverci dare le risposte, i mezzi necessari".

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Prima ancora del Concilio Vaticano II, Padre Marella aveva ideato un messale in italiano e celebrava parte della messa rivolto ai fedeli. La sua lezione è che bisogna guardare più alla sostanza che alla forma? "L’ars celebrandi, vale a dire l’arte di celebrare, richiede per tutti una grande attenzione alla sostanza ma anche alla forma, perché in molti casi la forma è anche sostanza. Il vero insegnamento è che bisogna trovare dei contenuti che raggiungano il cuore, per fare in modo che sostanza e forma si fondano nella parola di Dio, nella presenza di Cristo nell’eucarestia e nella comunione dei fratelli". Tante tesi del modernismo furono sposate già da Papa Giovanni XXIII e altre arrivarono con il Concilio. Marella, però, non rivendicò mai l’ingiustizia della sua sospensione. Questo lo rende ancora più devoto? "Non c’è dubbio. L’esempio di fedeltà che Padre Marella ci offre, è un esempio di grandezza, di obbedienza, di amore per la Chiesa che ci incoraggia ulteriormente a sapere difendere questa madre, perché è la madre che può generare i figli, quindi, dobbiamo sempre amarla e custodirla. Non dobbiamo mai accettare una logica divisiva, ma proteggerla sempre perché questa madre possa continuare a generare la presenza di Cristo tra gli uomini". Come è possibile essere ‘marelliani’ in tempo di Covid? "Partiamo con il dire che oggi a causa del virus a maggior ragione dobbiamo essere ‘marelliani’, perché lui per primo ha vissuto la pandemia della povertà e poi quella della guerra che è madre di tante pandemie. E’ fondamentale seguire le orme di Don Olinto anche se il confronto non è con quelle pandemie, ma con la forza del male. Come lui dobbiamo credere che il piccolo può diventare grande e padre di tanti orfani, e fare in modo che la Chiesa diventi la madre dei tanti che non hanno posto". Chi sono i nuovi orfani? "Sono quelli che chiedono un futuro a noi non riuscendo a costruirselo da soli. Sono loro che dobbiamo sentire nostri come appunto erano di Padre Marella. Sono tutte quelle persone che non hanno nessuno che le difenda, dai profughi, agli anziani soli, ai disabili, alla vita che viene disprezzata, qualsiasi essa sia". Perché a 50 anni dalla sua morte don Olinto è ancora ricordato con così tanto affetto? "Questo non è affatto scontato e a questo bisogna aggiungere come per tanti sia una presenza e un riferimento. Il suo ricordo esprime come egli ha saputo accogliere e sollecitare il carattere di una città attenta agli ultimi e solidale. La sua figura coinvolgeva tutti, a prescindere dalle appartenenze e convinzioni. Quella che vivremo oggi è una domenica molto particolare, nella quale volutamente si incrociano tre memorie, quella di San Francesco, quella di San Petronio patrono di Bologna, e appunto quella di Padre Marella, che di San Francesco ne seguiva l’esempio". San Francesco diceva che ‘L’elemosina è l’eredità e la giustizia dovuta ai poveri’. Quanto questo è stato vero per Padre Marella? "E’ la sintesi del suo agire quotidiano. Con il suo cappello tra le gambe aiutava a restituire questa eredità ai suoi veri proprietari e in questo modo metteva a conoscenza tante persone del bisogno degli ultimi. Ecco perché ha lasciato un segno nel cuore di tutti: con la sua autorevole e silenziosa presenza faceva presente che esistevano anche i poveri e che il poco di tanti poteva moltiplicarsi nel molto per tutti. In questo modo permetteva ai passanti e ai frequentatori dei teatri cittadini di praticare un poco di giustizia e sempre nella logica del moltiplicare ha reso Bologna più solidale, mostrando un Vangelo realizzabile e necessario per la gioia di tutti".

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