Pedopornografia a Bologna, un arresto

Operazione della polizia postale di Milano in tutta Italia Gli indagati si scambiavano materiale con un’app di messaggistica

L’indagine è stata condotta dalla polizia postale, specializzata nelle indagini in rete

L’indagine è stata condotta dalla polizia postale, specializzata nelle indagini in rete

Bologna, 20 giugno 2018 – C’è anche un bolognese fra le quattro persone arrestate nell’ambito di un’operazione condotta dagli agenti del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni per la Lombardia e coordinata dalla Procura della Repubblica di Milano, perché trovate in possesso di ingenti quantitativi di materiale pedopornografico. L’indagine contro la pedopornografia è stata chiamata «Ontario» dal nome della provincia centro-orientale del Canada dove si è sviluppata parte dell’indagine in stretta collaborazione con i colleghi italiani. Gli arrestati italiani sono tutti incensurati: tre disoccupati (un 25enne preso a Latina, un 46enne a Bologna, un 30enne a Napoli) e un impiegato (un 30enne catturato a Torino).

Hanno precedenti specifici tre dei 18 indagati a piede libero, persone definite dagli investigatori «comuni», dagli studenti di 25 anni ai pensionati di quasi 70. L’indagine è iniziata lo scorso anno, ma tra marzo e giugno sono state eseguite 22 perquisizioni in molte regioni italiane che hanno portato al sequestro di 26 smartphone, 7 computer portatili e 18 hard disk con una capacità di 10 terabyte. In tutto sono state trovate oltre 20mila immagini tra video e foto pedopornografici, per lo più materiale vecchio che gira da anni in rete. Gli scambi avvenivano attraverso un’app di messaggistica per smartphone legale che però, come spesso accade in questo tipo di reati, era utilizzata come piazza virtuale mascherando la propria identità servendosi di connessioni libere in strada o accedendo al wi-fi di persone ignare. Gli investigatori hanno analizzato 15mila connessioni per individuare la rete di presunti pedofili. Prima di poter arrivare alla «stanza» per lo scambio di materiale bisognava fare «anticamera», ovvero attendere il permesso da parte di altri membri che avevano segni distintivi (la foto e lo status) per essere riconosciuti nella comunità. Rischiano pene da 3 a 6 anni.

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