Bologna, il blitz al Pilastro contro i re della cocaina

Venti arresti, coinvolta la famiglia a cui citofonò Salvini. In manette anche i Labidi, compreso Yaya, a cui si rivolse il leader leghista in campagna elettorale: "Scusi, lei spaccia?". Ogni mese, i vertici della rete criminale movimentavano coca per 50mila euro, usando pure minorenni come pusher in strada

Bologna, 27 maggio 2022 - Questa storia di mala di periferia è una storia al femminile. È la storia di come, attraverso legami affettivi e di potere, madre e figlie siano state in grado di creare, negli anni, un sistema di controllo egemonico dello spaccio al Pilastro. Vestendo un ruolo solo all’apparenza secondario, ma essendo di fatto il nucleo dell’intero sistema. Questa è la storia della famiglia Rinaldi, al centro della maxi retata della Squadra mobile che ieri ha fatto scoppiare, in una mattina di perquisizioni e arresti, il cuore dello spaccio in uno dei quartieri da sempre più complessi di Bologna.

Quarantatré gli indagati, venticinque le misure disposte, per associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio, dal gip Maria Cristina Sarli, su richiesta del sostituto procuratore della Dda Roberto Ceroni.

Il capo della Narcotici Guido Quattrucci e il capo della Squadra mobile Roberto Pititto
Il capo della Narcotici Guido Quattrucci e il capo della Squadra mobile Roberto Pititto

IL PROLOGO

Ad agosto del 2019, Nicola Rinaldi, all’epoca ventottenne, morì sotto casa, in via Frati, ucciso dal vicino di casa Luciano Listrani. Dalle indagini emerse presto il motivo del delitto: la vittima doveva ricuotere i proventi dell’attività di spaccio portata avanti dal genero dell’assassino, in ritardo coi pagamenti. Da questo tragico fatto ha preso le mosse l’inchiesta dei poliziotti della Squadra mobile, che hanno ricostruito, tassello dopo tassello, ruoli e gestioni della piazza pilastrina. Dove, stando agli accertamenti della polizia, venivano movimentati ogni mese almeno 2,5 chili di cocaina e una decina di hashish. Per un guadagno, per la famiglia, di circa 50mila euro al mese solo per la coca.

I RUOLI

Elisa Rinaldi, 42 anni, sorella di Nicola, risulta uno degli elementi di spicco del sodalizio. Compagna di Oert Mustafaj, 46 anni, albanese, era lei a gestire, mentre l’uomo era in carcere (per il tentato omicidio, nel 2013, di un ragazzo, a cui aveva sparato a seguito di una banale lite nata in un centro scommese) i contatti con i fornitori e i clienti. Una rete di cui si occupava assieme al figlio, Monir Samia, 21 anni.

La donna è ai domiciliari. Compagno e figlio alla Dozza, come il cognato, Salah Eddine Karmi, marocchino di 39 anni, compagno della sorella Monia Alessia, ora indagata. Anche la loro madre, Anna Maria Arena, 63 anni, era coinvolta negli affari di famiglia. E per questo, ora, è ai domiciliari. Affari al cui vertice c’erano Mustafaj e Karmi. L’altra sorella, non indagata, era stata invece legata a Massimo ‘Schumi’ Santagata, della nota famiglia di bancomattari, anche lui indagato. Tutti sono difesi dall’avvocato Roberto D’Errico.

CAVALLI E GROSSISTI

La allargata famiglia Rinaldi movimentava quindi coca e hashish. Gestendo i propri traffici con l’intimidazione, il nucleo riusciva a tenere nascosti i carichi di sostanza anche nelle cantine di cittadini estranei ai fatti di spaccio. La coca veniva acquistata dai Rinaldi a 30 euro il grammo e rivenduta ai grossisti a 50. Ai pesci piccoli, che si occupavano di spaccio al dettaglio, a 80 euro.

I PUSHER MINORENNI

Nelle maglie dell’inchiesta sono finiti anche sei ragazzini, tra i 15 e i 17 anni, che si occupavano del piccolo spaccio nel quartiere. A coordinarli, stando a quanto ricostruito dalla polizia, erano Monir e il suo amico Yassin ’Yaya’ Labidi, 20 anni, all’epoca dell’indagine ancora minorenne. Proprio lui, oggi destinatario di un obbligo di permanenza nella casa famigliare richiesto dalla Procura dei minori, a gennaio 2020 finì agli onori delle cronache politiche nazionali.

LA CITOFONATA DI SALVINI

"Scusi, lei spaccia?". La frase del leader del Carroccio è rimasta celebre. Quella citofonata creò un polverone politico. Ma la storia ha raccontato e ieri ribadito che, effettivamente, in quella casa di via Deledda si spacciava. Già l’anno scorso Faouzi Ben Ali Labidi, padre di Yaya, e la madre Caterina Razza, erano stati arrestati dai carabinieri, che gli avevano trovato in casa mezzo chilo di sostanza e armi.

Ieri, di nuovo, sono scattate le manette: Faouzi e il figlio maggiore Mohamed, 34 anni, rintracciato nel pomeriggio, sono finiti alla Dozza. Yaya, come detto, ai domiciliari; la madre è indagata a piede libero. Il ventenne, come emerge dagli atti, in una circostanza aveva anche comprato un chilo di coca con il padre. Tutti sono difesi dall’avvocato Bruno Salernitano.

IL QUESTORE

"Una grande operazione in un quartiere particolare e delicato", così il questore Isabella Fusiello. "Il sodalizio manteneva le piazze con l’intimidazione. E la cosa che fa specie – spiega – è che venivano utilizzati anche dei minorenni, di seconda generazione, per spacciare. Questi arresti dimostrano la particolare attenzione da parte della polizia e della Squadra mobile sul Pilastro, per riportare nel quartiere la cultura della legalità".

 

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