Serravalle, il castello dei fantasmi agli industriali modenesi. “Ma non ci abiteremo”

Cerimonie e convegni, i Giuliani vogliono destinarlo a funzioni turistiche. Il mistero delle mogli uccise da Boccadiferro, antico signore della rocca

Il castello di Serravalle e le antiche cucine del maniero

Il castello di Serravalle e le antiche cucine del maniero

Valsamoggia (Bologna), 15 aprile 2024 – Da un millennio , come da un nido di rapace, vigila su un lungo tratto di confine tra il territorio di Bologna e quello di Modena. Di qua la valle del Samoggia, di là dalla cresta, quella del Panaro. Sulla sommità dello spartiacque, segnalato da un doppio viale di cipressi monumentali, il borgo ancora circondato da una cinta muraria lunga 486 metri. Il castello di Serravalle ha nuovi proprietari.

I signori dell’antico maniero sono i Giuliani, famiglia di imprenditori modenesi (di Montombraro), a cui il castello è stato ceduto (si parla di una cifra superiore a due milioni e mezzo di euro) da Steven Allen Hill, 68 anni, avvocato americano in pensione, che lo aveva acquistato appena due mesi prima. Dentro e fuori dal castello, specie nei giorni di festa, un viavai continuo di un turismo discreto, attratto dal fascino del luogo, da cantine, trattorie e agriturismi, dall’orto medievale e dall’ecomuseo della collina e del vino.

I nuovi signori del castello di Serravalle, la famiglia Giuliani
I nuovi signori del castello di Serravalle, la famiglia Giuliani

Ma anche dal mistero, alimentato dalla memoria locale e anche da tracce ineffabili emerse da fotografie notturne, dell’inquieto vagare dello spirito delle tredici mogli di un crudele signore, che prima eliminò una dopo l’altra le prime dodici in modo più o meno cruento, per poi finire vittima della tredicesima, la più furba evidentemente. Ne scrisse, negli anni Ottanta, anche Sorrisi e Canzoni Tv, che raccolse i racconti delle lunghe sere d’inverno nel corso delle quali davanti ai camini in vallata si narrava come le anime di queste donne, come sopravvengono le ombre della sera, continuano ad aggirarsi tra le mura del castello rincorrendo il crudele castellano.

Belle, giovani e accanite nella caccia senza fine che nel medioevo si chiuse con l’uccisione di questo Boccadiferro, esponente della famiglia che dominò per secoli dall’antica rocca, abitando le stanze del palazzo che prende il loro nome, nel tempo trasformato in dimora gentilizia, perfettamente restaurato e abitato fino a pochi mesi fa dalla famiglia bolognese dei Cavazzoni-Pederzini, che l’hanno spesso aperta di buon grado in occasione di concerti, convegni e pochi selezionati matrimoni.

La si scorge subito, appena varcata la porta ogivale con ponte levatoio e cassero che dà l’accesso al corso principale di una corte sulla quale domina la torre a pianta trapezoidale fatta ricostruire nel 1327 sui resti di una torre anteriore al secolo XIII, ovvero al periodo in cui fu costruito il castello, che nel 1235 ospitava anche la sede comunale. I primi signori, eredi dei cattanei d’età matildica, erano i nobili Oddoni e Gandolfi. Da Bitinia Ottoni nel 1360 la rocca passò a Francesco Boccadiferro, capitano della cavalleria bolognese, ed esponente della famiglia che lo abitò per cinque secoli.

Per la posizione sullo storico limes tra bizantini e longobardi, tutto il castello fu a lungo conteso tra modenesi e bolognesi, subendo distruzioni e ricostruzioni che hanno riguardato anche la rocca, anticamente impostata su un alto porticato con volte a sesto acuto ancora ben visibili nel paramento murario, poi chiuso e trasformato in un compatto ed elegante palazzo con cornicioni e bugnati a incorniciare portali e finestre. In questi spazi carichi di storia sono ambientati misteri e suggestioni che entrarono anche nell’opera lirica "Amore e morte" scritta da Giuseppe Lipparini, musicata nel 1922 da Gaetano Luporini e riproposta al pubblico in una memorabile recente riedizione promossa da Silvio Montaguti.

Alla fine dell’Ottocento il palazzo passò in proprietà ai marchesi Banzi, e quindi ai Ranuzzi. Nel 1978 è stato acquistato dalla famiglia Cavazzoni Pederzini, che cinque anni fa con rammarico ha deciso di metterlo in vendita. "Abitiamo a Bologna, abbiamo già una certa età e non siamo in grado di occuparcene in maniera adeguata. Speriamo di trovare un acquirente che dimostri di averne cura come abbiamo fatto noi per oltre quarant’anni", disse in quella occasione Lella Cavazzoni Pederzini affiancata dal marito Edoardo.

Complice la notizia ripresa dalla Cnn, all’inizio di gennaio il primo rogito di acquisto da parte dell’avvocato americano Hill, che dopo due mesi ha a sua volta ceduto l’antico castello alla famiglia Giuliani. Gli imprenditori modenesi hanno rilanciato la storica rivalità coi bolognesi e annunciato l’intenzione non tanto di abitare il palazzo, quanto di dedicarlo a funzioni ricettive com’era avvenuto negli ultimi anni per cerimonie, convegni, matrimoni, meeting, eventi, ospitalità. E lasciando in fondo agli ospiti il compito di vedersela con i fantasmi.

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