Strage di Bologna, la sorella di Rita Verde: "Il mio dolore non si è mai spento"

Con lei quel giorno morirono anche le colleghe. Il tenero ricordo della sorella Morena: "Avevamo vissuto ventidue anni in simbiosi"

Nella foto in bianco e nero: Rita Verde.  A colori: Morena Verde oggi

Nella foto in bianco e nero: Rita Verde. A colori: Morena Verde oggi

Bologna, 2 agosto 2022 - Ricordare. Dal latino, "richiamare in cuore" e cioè, secondo gli antichi, alla sede della memoria. Lì,  dove ogni battito scandisce il tempo e dove, dopo quarantadue anni, Morena Verde custodisce ancora i dettagli di un'intera adolescenza condivisa con la sorella Rita. E con la quale, dai primi giorni dell'infanzia, avevano trascorso ventidue anni "in simbiosi", o quasi. Ognuno di questo vissuto con la leggerezza di due giovani donne, spezzata all'improvviso con lo scoppio della bomba in stazione “quel maledetto 2 agosto 1980”. 

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Morena, cosa si ricorda di quel giorno?

“Il giorno prima della strage, venerdì 1 agosto, sono partita per raggiungere l'appartamento dei miei genitori a Lido degli Estensi, che avevano da poco. Ero con la mia famiglia e il mio ragazzo dell'epoca. E sì, ci doveva essere anche mia sorella Rita, che a quei tempi lavorava alla Cigar, in stazione. Le chiesero di fare mezza giornata di straordinario e lei accettò, perciò rimase a Bologna”. 

E poi?

“Siamo partiti per il mare, ma lei rimase in città. Al lavoro, me lo ricordo ancora, l'accompagnò il suo fidanzato: pensi che avrebbero dovuto sposarsi dopo poco. Ho ancora nitido il ricordo di quando, quel maledetto sabato, salii dalla spiaggia e sentii dalla radio del bar la tragica notizia. Alcuni dicevano fosse stata una bombola del gas, altri avanzavano ulteriori ipotesi, ma la cosa certa era che fosse successa una tragedia. Fu uno choc talmente grande che, al contrario, non ricordo assolutamente nulla del tragitto che ho fatto per correre a casa. Mi ricordo solo che nella mente mi rimbombava, forte, la volontà che non fosse reale. Fino all'ultimo...”. 

Lo comunicò lei ai suoi genitori?

“Sì, mio padre non sapeva ancora nulla e mia madre nemmeno. E lo stato di choc fu tremendo: si precipitarono in strada per cercare una cabina e provare a telefonarle, ma era impossibile. Poi, al telegiornale confermarono la notizia e noi ci catapultammo a Bologna, in stazione, mentre c'erano ancora i soccorsi. Ci sono cose che ricordo perfettamente e altre che il mio cervello ha cancellato per lo stato confusionale”. 

E i giorni dopo, cosa accadde?

“È difficile da spiegare, ma fu come entrare in una bolla. Ricordo però che non ci hanno mai lasciati soli. Tantissime le telefonate, il sostegno e il supporto ricevuto. E io continuavo a voler sapere di più, sapere anche delle colleghe di mia sorella, che purtroppo anche loro morirono tutte, tranne una. Quel giorno mi cambiò completamente la vita. E questa sensazione va moltiplicata all'ennesima potenza, perché tanti, tantissimi altri hanno vissuto lo stesso dolore”. 

Che valore assume oggi, dopo più di quarant'anni, il ricordo?

“Posso dire con fermezza che ancora adesso il due agosto rappresenta un giorno di estremo dolore. Un dolore che puoi cercare di accantonare, ma che in realtà non seppellisci mai. Allo stesso tempo, però, so che in questa giornata riceviamo tanto conforto, per noi importante. Così come fondamentale è scoprire la verità e l'associazione dei familiari delle vittime. Un punto fermo". 

C’è qualcosa, riguardo Rita, che le capita di pensare più spesso?

"Tutto quello che faccio è per le generazioni future e per dare valore alla giustizia. E quando penso a ogni gesto che ancora oggi faccio per Rita, ho la consapevolezza che lei avrebbe fatto lo stesso se tutto questo fosse successo a me". 

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