Bologna, trapianto di polmoni da record al Sant'Orsola

Primo intervento da donatore a cuore fermo in regione

L'équipe della chirurgia toracica del Sant'Orsola

L'équipe della chirurgia toracica del Sant'Orsola

Bologna, 8 agosto 2019 - Primo trapianto di polmoni, da donatore a cuore fermo, su una donna colpita da ipertensione polmonare primitiva. Un record del Sant’Orsola per l’Emilia-Romagna, mentre a livello nazionale l’intervento risulta il secondo, osservano gli specialisti del Policlinico.

«Questa operazione così complessa – precisa il chirurgo toracico Giampiero Dolci che ha condotto l’intervento con Piergiorgio Solli, direttore della Chirurgia toracica del Maggiore – è stata resa possibile dalla grande esperienza che abbiamo maturato al Sant’Orsola sui trapianti, ma anche dal grande affiatamento e dall’abitudine a lavorare insieme tra équipe diverse sia mediche sia infermieristiche che qui al Polo cardio toraco vascolare sperimentiamo ogni giorno».

La paziente, operata a metà giugno, è rimasta in circolazione extracorporea per tre giorni, anche per permettere al cuore di adattarsi gradualmente ai nuovi polmoni. Dopo 40 giorni di degenza, è stata dimessa dall’ospedale e sta proseguendo il recupero con il supporto di pneumologi, cardiologi e fisioterapisti di riferimento. La donazione è avvenuta al Bufalini di Cesena e quando i polmoni sono arrivati al Policlinico, «è stato necessario sottoporli a un trattamento particolare – prosegue Dolci – per recuperare la piena funzionalità respiratoria, dal momento che sono stati prelevati, come è previsto, 20 minuti dopo l’arresto cardiaco. Poi è iniziato l’intervento, durato circa 10 ore. Si è trattato di un trapianto delicato sia per la parte anestesiologica, dal momento che il cuore era dilatato a causa della malattia, sia dal punto di vista tecnico, perché le arterie erano danneggiate dall’alta pressione sanguigna».

La paziente ora è in convalescenza. «Sono rinata e ora sto tirando fuori tutta la mia grinta – spiega Annalisa Zorer, 48 anni, trentina – e mi aiuta tanto sentire la canzone ‘Io voglio vivere’ dei Nomadi. A differenza di prima, quando per anni mi sono imbottita di farmaci per il bruciore al petto e il cuore a mille, ora mi dà solo fastidio il tremolio di alcune pastiglie antirigetto. Il mio ringraziamento va al donatore e alla sua famiglia. Il trapianto in se non è stato per niente doloroso. La fatica maggiore ora è camminare e il clima caldo e umido di questi giorni non mi aiuta, però non mollo. Quando mi sono svegliata, ho subito riconosciuto tutti. E appena ho visto il professor Nazzareno Galiè avrei voluto abbracciarlo: mi ha seguita per anni ed è lui che mi ha indicato la strada del trapianto».

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