FEDERICA
Cronaca

Uccise Chiara, nessuno sconto Killer condannato a 16 anni e 4 mesi

La decisione della Corte d’appello nel giorno del diciottesimo compleanno dell’assassino di Gualzetti

Uccise Chiara, nessuno sconto  Killer condannato a 16 anni e 4 mesi

Uccise Chiara, nessuno sconto Killer condannato a 16 anni e 4 mesi

di Federica

Orlandi

Il giorno del suo ingresso nella maggiore età di certo non è stato come si sarebbe aspettato. Trascorso in un’aula di tribunale, in Corte d’appello, accusato dell’omicidio della sua amica Chiara, non ancora sedicenne, quasi due anni fa. La sentenza di primo grado emessa nei confronti del giovane killer che, il 27 giugno 2021, assassinò a coltellate e calci in faccia Chiara Gualzetti, è stata confermata dal secondo: 16 anni e quattro mesi. Il massimo della pena possibile, tenendo conto del rito abbreviato prescelto dall’imputato, che prevede lo sconto di un terzo della pena (24 anni, in questo caso) e l’attenuante della sua minore età. La decisione è stata emessa dalla terza sezione penale della Corte d’appello, con udienza a porte chiuse (essendo, finora, l’imputato minorenne). Al suo fianco, come a ogni udienza, la sua mamma, con cui l’adolescente ha potuto anche trascorrere qualche minuto prima della sentenza, assieme al suo avvocato Tanja Fonzari.

Ieri, si è detto, ha compiuto 18 anni: quando ha commesso il brutale omicidio di Chiara, ne aveva appena sedici. Dal giorno successivo al delitto, il diciottenne è detenuto al Pratello. L’accusa di cui doveva rispondere al processo era di omicidio pluriaggravato, dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minore età della vittima, oltre che del porto del coltello con cui colpì Chiara. L’amica che conosceva da tempo, dato che per un periodo era anche stato stagista nell’azienda del padre di lei, Vincenzo.

"Il demone Samael mi ha detto di farlo, ho dovuto uccidere per placarlo": così si giustificò davanti ai carabinieri e al pm Stefano Purgato della Procura dei minorenni. In quel contesto, l’allora sedicenne mostrò agli inquirenti le scarpe ancora sporche di sangue e ricostruì la dinamica del delitto. Dopo il quale aveva mandato messaggi WhatsApp a diversi amici. "L’ho fatto – riferiva a una di questi in un trafelato messaggio vocale, mentre si allontanava dal parco dell’Abbazia di Monteveglio in cui si è consumato l’atroce omicidio –, solo che mi sono mezzo rotto un piede. Io ’sto demone non lo sopporto più. Fatico a camminare, c’aveva la testa dura (...) per tirargli i calci in quel modo, perché ti giuro non moriva, non moriva". Ma la versione del demone non ha convinto il consulente psichiatrico della Procura, Mario Vittorangeli, e il "superperito" del tribunale, la psichiatra Luisa Masina. I quali concordarono nell’individuare piuttosto un "senso di sé grandioso, assenza di rimorso, incapacità di accettare le responsabilità" dell’adolescente, evidenziando anche la "significativa e selettiva enfatizzazione se non una simulazione di disturbi gravi e invalidanti".

La Corte d’appello, prima di decidere, nella scorsa udienza, a febbraio, aveva chiesto a tutti e cinque tra consulenti e periti psichiatrici che erano stati incaricati di valutare il ragazzo di presentare le proprie relazioni al collegio, in particolare evidenziando la capacità di intendere o meno del giovane al momento del delitto. Alla fine delle testimonianze, anche la Procura generale, con il pm Massimiliano Rossi, aveva chiesto la conferma della sentenza del gup del tribunale minorile.

Dopo la lettura della sentenza, il giovanissimo è stato scortato nuovamente al Pratello. Jeans e capello in piega, il suo sguardo non ha lasciato trapelare alcuna emozione all’uscita dall’aula di Palazzo Baciocchi.

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