Valerio
Monteventi*
Con Serafino D’Onofrio ci siamo conosciuti in un’età ‘avanzata’, sui banchi del Consiglio comunale durante l’epoca di Cofferati, mettendo su quell’avventura politica irripetibile che fu ‘L’altra sinistra’. Un’avventura che nacque, sembra paradossale, proprio a partire dalle nostre differenze. Mi ricordo che diceva: io sono socialista, tu sei sempre stato un estremista di sinistra, ma ora, visto che io sono rimasto fermo e in questi anni tanti mi hanno superato a destra, sono diventato quasi un estremista di sinistra pure io. Serafino usava sempre il sorriso, l’ironia e la dolcezza, anche per le cose più serie e anche in politica, un atteggiamento che non è facile trovare in ambienti come quello di un Consiglio comunale. D’altronde era difficile non essere suo amico, una volta che lo avevi conosciuto. Il gruppo dell’Altra sinistra si creò in un momento di contrapposizione molto forte con il sindaco Cofferati, e questa strana aggregazione, tra le altre cose, gli permise di vivere in prima persona situazioni che mai aveva sperimentato. Per dire: scrivemmo insieme un libro sulla storia dei centri sociali in città. Peccato che lui, fino a quel momento, non ne avesse mai frequentato uno! Serafino era veramente il simbolo della napoletanità a Bologna, si vedeva dai suoi racconti su Napoli, da come ne parlava e da come, anche, ne scriveva. Un’altra delle sue doti era la scrittura: la rubrica che teneva sul Carlino era inattaccabile, sempre permeata di quelle ironia e leggerezza che mettevano d’accordo tutti.
E il suo carattere si è visto anche in questo suo ultimo frangente, così drammatico: era riuscito a passare da un momento iniziale di grande scoramento alla speranza di potercela fare anche questa volta, grazie al supporto delle persone che gli erano a fianco, famiglia, amici e medici del Bellaria. Grazie a coloro a cui ha dedicato tutta la sua vita: gli altri.
* Ex consigliere comunale
di Rifondazione Comunista
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