Valentina Petrillo, l’atleta trans vittima di odio social: "Ho paura, mi ritiro e denuncio"

La campionessa ipovedente, non sarà ai Mondiali master di atletica leggera in Polonia: "Troppi attacchi". La decisione dopo le minacce web: "Corro con le donne perché c’è un regolamento. L’integrazione non esiste"

Valentina Petrillo, 49 anni, è campionessa paralimpica (foto Francesca Sana)

Valentina Petrillo, 49 anni, è campionessa paralimpica (foto Francesca Sana)

Bologna, 26 marzo 2023 – Valentina Petrillo, 49 anni, bolognese d’adozione, corre forte. E vince. Prima atleta transgender della nazionale paralimpica di atletica leggera (è ipovedente) con all’attivo 38 titoli italiani, oggi avrebbe dovuto essere ai campionati mondiali Master indoor in Polonia, con la Pontevecchio Bologna. "Ma rinuncio. Troppo odio, non ce la faccio più. Denuncerò", assicura.

Valentina da dove nasce tutto questo odio?

"L’odio c’è sempre stato. Fin dal 2020, quando ho gareggiato per la prima volta con le ’normodotate’. Nelle competizioni paralimpiche non era mai successo... Ma dopo che ho vinto i 200 metri ai campionati master indoor di Ancona, facendo il record italiano, gli attacchi sono aumentati. E sono diventati insostenibili".

Attacchi social?

"Sì. Su tutti i miei profili. Dicono che non devo correre con le donne, che non sono una donna vera, che devo vergognarmi. Non ne posso. La situazione è grave. Me l’ha comunicato pure l’organizzazione World Masters Athletics, lunedì, facendomi sapere che in Polonia era stata allertata la sicurezza. Da qui, ho deciso: basta. Mi ritiro".

Denuncerà?

"Sì. In questa battaglia ha deciso di seguirmi, con umanità e dedizione, l’associazione Esercenti Bologna, guidata da Chiara Poluzzi, di cui sono socia. Non sono più ammissibili questi attacchi".

Lei ha iniziato la transizione da uomo a donna nel 2018. Ma l’accusano di ’rubare i titoli’ alle sue colleghe donne...

"Se corro con le donne è perché c’è un regolamento. Che parla chiaro. Ho ottenuto il certificato di eleggibilità nella categoria femminile. Per partecipare ai Mondiali in Polonia ho fatto una serie di esami medici. Lo Stato mi riconosce donna. Ho il codice fiscale femminile. Sui documenti c’è scritto Valentina, non Fabrizio...".

Fabrizio era il suo nome da uomo?

"Sì. Ma cinque anni fa ho iniziato il percorso di transizione. Ciò nonostante alcune atlete master ad Ancona hanno chiesto che non usassi i bagni femminili. Insomma, l’ennesima discriminazione. Sono stanca e delusa".

Delusa dagli haters e anche dallo sport?

"Sì. Continuerò a correre solo nelle gare paralimpiche, dove mi sento accolta. Non posso più sopportare hashtag ’salva lo sport femminile’ o ’stai fuori dallo sport’. Senza contare gli attacchi, anche di persona, alle gare, da atleti e atlete".

Si sente discriminata?

"Eccome. Ci si riempie la bocca di parole come integrazione, ma poi alla fine mi fanno correre lasciandomi in balìa dell’odio. Fare sport a queste condizioni, non mi interessa più".

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