
Taglio del nastro nella struttura che ospita la comunità ‘Rupe Femminile’ di Open Group, impegnata su problemi di violenza e dipendenze
di Sara Ausilio
Dopo due anni di ricerca, la Rupe Femminile, comunità terapeutica residenziale gestita dalla Cooperativa sociale Open Group, ha finalmente trovato una nuova sede. È Villa Elsa, una villa di quasi 300 metri quadrati con un giardino di magnolie, inaugurata ieri in via Monteveglio a Valsamoggia. La comunità, prima situata in via San Vittore, zona Colli, accoglie donne con o senza figli, con problemi di dipendenza patologica. Al taglio del nastro ha partecipato la presidente facente funzioni della Regione, Irene Priolo: "La Rupe Femminile offre accoglienza e reinserimento, due aspetti fondamentali per donne e madri che affrontano percorsi così complessi. Le dipendenze sono un problema serio delle nostre comunità, e luoghi come questo, capaci di restituire serenità e dignità, sono indispensabili".
L’assessore alle politiche sociali e sanitarie del Comune di Valsamoggia, Simone Bini, portando i saluti della sindaca, ha dichiarato: "Ospitare una comunità come questa per noi è un orgoglio. Crediamo nella condivisione e nell’integrazione, siamo felici di aprire le porte a queste realtà". Il presidente di Open Group, Giovanni Dognini, ha sottolineato l’importanza della comunità: "Trasferiamo non solo una sede, ma un modo di fare comunità. Abbiamo scelto Valsamoggia perché è un territorio ricco di esperienze e attività. Il nostro obiettivo è collaborare con il terzo settore e il territorio, per creare nuove opportunità di inclusione".
Fondata nel 1993, la Rupe Femminile è una delle poche comunità in Italia dedicate alla riabilitazione di donne e madri con problemi di dipendenza. La comunità, casa per circa quindici donne, alcune con bambini, punta a un percorso di recupero basato su attività quotidiane e terapeutiche per permettere un reinserimento sociale e lavorativo. La struttura è accreditata dall’agenzia sanitaria regionale e collabora strettamente con essa. Meri Bassini, direzione uoc dipendenze patologiche dell’Ausl, ha spiegato: "Spesso le donne ospitate hanno un vissuto di mercificazione e sfruttamento. Il nostro approccio le aiuta a ricostruire la loro identità, affrontando temi delicati come la salute fisica e psicologica". Tra i momenti più toccanti, la testimonianza di Fatima: "Ho avuto un passato di tossicodipendenza e relazioni difficili. Dopo sei mesi qui, grazie all’aiuto degli educatori, sto finalmente bene". Anche il figlio dell’ex proprietario della villa, Daniele Pederzini, ha condiviso il suo ricordo: "La casa era dei miei genitori. È bello che l’abbiano chiamata ‘Villa Elsa’, era il nome di mia madre. Se i miei genitori sapessero che ora la loro casa accoglie una comunità, sarebbero felici".