BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Vincent Lindon: "Per recitare serve magia"

L’attore in città per il nuovo film ’Noi e loro’ "Una storia di famiglia, in una periferia a rischio".

Da sinistra Vincent Lindon assieme a Stefan Crepon

Da sinistra Vincent Lindon assieme a Stefan Crepon

Vincent Lindon è in Italia per un tour che lo sta portando in vari cinema italiani a promuovere ’Noi e loro’, il film delle registe Muriel e Delphine Coulin distribuito da I Wonder, in cui interpreta un padre vedovo e grande lavoratore, che alleva da solo i suoi due figli, Louis e Fus, ruolo che gli ha valso la Coppa Volpi all’ultimo Festival di Venezia. Ieri a Milano gli è stato conferito un master ad honorem in ’Arti del racconto. Letteratura, cinema, televisione’ dall’università Iulm e in serata ha accompagnato il film sia all’Arlecchino che al Modernissimo. Stamattina alle 9 sarà al Pop Up cinema Arlecchino.

Signor Lindon, cosa rappresenta ’Noi e loro’ nella sua lunghissima carriera?"È un po’ come in amore, è difficile pensare, in corso d’opera, dove si è, perché la vita continua, si va avanti. Se mi innamoro non mi chiedo se la persona piacerà ai miei genitori, ai miei amici, deve piacere a me: la stessa cosa per un film. Quando affronto un nuovo progetto, non mi faccio domande. Preferisco essere incosciente, affrontare le cose pian piano, nello specifico, incarnare un personaggio e non esserlo, mi preparo e nel momento in cui devo recitare succede come una magia, come se arrivasse un angelo che mi dà la spinta. Cosa rappresenta per me questo film, forse lo saprò tra qualche anno".

Qual è la riflessione più importante che le ha suscitato la storia?"Si potrebbe dire che il film abbia due storie, una piccola e una grande. La prima è quella famigliare e la seconda è quella di un ragazzo che si radicalizza perché incontra un gruppo di estrema destra e inizia a seguirne le idee. Però in realtà queste due storie si possono invertire facilmente nella loro percezione. E la storia famigliare può prevalere perché è il baricentro di una situazione generale che ti pone delle domande e che va vista nella sua totalità".

Quali domande?"Ad esempio, come si fa in una famiglia dove c’è grande amore reciproco, a parlare al proprio figlio quando la comunicazione si è bloccata? Bisogna anche considerare che il film è ambientato in questa cittadina della periferia, come ce ne sono tante ovunque, anche in Italia, dove le fabbriche chiudono, c’è sempre meno bisogno di manodopera, si perde il lavoro: questo ricade sulle famiglie che non possono più spendere e di conseguenza minano l’esistenza di attività commerciali. Ad un certo punto quel paese implode e la gente perde la speranza, così è facile perdersi se non si ha una forte passione o ambizione, come Louis, il figlio più piccolo. Fus, il più grande che non ha una passione, trova qualcuno che gli dà attenzione e ci si aggrappa".

Nel 1995 usciva ’L’odio’ di Mathieu Kassovitz dove lei ha anche recitato, trent’anni dopo arriva ’Noi e loro’, due storie differenti per protagonisti e luoghi, ma forse c’è una continuità di narrazione sui giovani e il loro disagio?"Non amo i paragoni, ma posso dire che il tipo di pericolo che noi vediamo in ’Noi e loro’ a quel tempo non c’era. Kassovitz fece un film quasi esotico, non si sapeva nulla di banlieu e di quell’ambiente giovanile che ora ci è noto. La storia di Fus narrata in questo film è qualcosa che si conosce molto bene".

Benedetta Cucci