Sinisa Mihajlovic, il libro della figlia Viktorija "E' un sergente dal cuore grande" FOTO

Il dramma della leucemia, la gioia per le dimissioni dall'ospedale. "Tutto è cambiato, la nostra famiglia non è mai stata così unita"

Sinisa Mihajlovic con la figlia Viktorija

Sinisa Mihajlovic con la figlia Viktorija

Bologna, 16 maggio 2020 - Uscirà il 19 maggio per i tipi di Sperling&Kupfer 'Sinisa, mio padre' (foto), il libro che Viktorija Mihajlovic, 23 anni, ha dedicato al padre, allenatore del Bologna, che dieci mesi fa ha scoperto di avere la leucemia.

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"Mio padre è cambiato. La malattia cambia tutti. Ora non ha più paura di mostrarsi debole".

Viktorija Mihajlovic, il libro su Sinisa è un viaggio oltre il dolore e la paura. "Per me è stato terapeutico, l’ho scritto quando papà era ancora in ospedale. Scrivere mi ha permesso di sfogarmi. E’ stato un periodo non facile, ma mi ha aiutato a crescere, non sono più quella di sei mesi fa".

Il segreto è la vostra meravigliosa famiglia. "Adesso siamo ancora più uniti di prima. Quando mi hanno detto della diagnosi avrei voluto essere figlia unica perché non soffrissero i miei fratelli, uno ha solo 13 anni, un altro 17. Adesso posso dire che loro sono stati la mia più grande forza, un fratello ti capisce come nessun altro. E’ stato uno choc per tutti"

Lei parla della forza e del peso di chiamarsi Mihajlovic. "Oggi credo che sia la cosa più bella del mondo e ne sono fiera. Da piccola mi sentivo osservata, giudicata, cambiavamo spesso scuola e città e ogni volta era difficile entrare sotto gli occhi di chi ti guarda come la figlia di Mihajlovic, e magari papà ha sbagliato una punizione il giorno prima e ti insultano, è successo. Quando finivo la paghetta e non potevo uscire, mi sfottevano, ‘ma figurati se la figlia di Mihajlovic ha finito i soldi’. All’inizio faceva male anche sentire gli insulti di una curva intera allo stadio. La malattia ha cambiato anche questo, per fortuna".

Nel libro dedica un capitolo agli haters. "Vero, ma è una pena compensata dall’affetto impressionante che abbiamo ricevuto da tutti. Mi arrivano lettere di persone stupende, quando camminiamo per strada a Bologna ci abbracciano tutti, è bellissimo. Per noi questa città è una seconda famiglia. Io quando siamo venuti la prima volta volevo restare a vivere qui, ho fatto le scuole al San Luigi, stavo benissimo. E pazienza se qualcuno criticava se sui social postavo una mia foto al mare, scrivendomi che uscivo mentre papà era in cura".

L’ultimo Natale è stato il più bello. E il meno preparato. "Lui è tornato a casa il 21 dicembre, giorno che non dimenticherò mai. Gli abbiamo preparato uno striscione in cirillico con le sue foto. Per me è stato come tornare a respirare, mi faceva paura pensare a quando lui era da solo. Si era capovolta la situazione: io che mi preoccupavo per lui, e non il contrario. E mia madre che di solito ci mette tre giorni per organizzare il pranzo di Natale, quest’anno non aveva neanche apparecchiato. Abbiamo mangiato nei piatti di plastica, è stato bellissimo".

Perché oggi Sinisa è un altro? "Perché ha imparato a mostrare le sue debolezze, prima non si capiva se era triste o felice. Adesso è sensibile, più elastico ed empatico, prima aveva una corazza che credo derivi anche dalle sue origini serbe, anche mia nonna è così. La sofferenza ti porta a chiuderti, io ho scritto questo libro anche per far sapere che lui è buono e dolce".

Sua madre Arianna non ha mai pianto nei mesi delle cure. "Forse da sola sì, davanti a noi mai un segno di cedimento, sempre carica. Sapeva che se l’avessimo vista piangere ci sarebbe venuto un colpo".

Lei conclude che la forza non è un merito: "ti esce da sola". "Perché in tanti mi chiedono come si fa a superare una prova così. Io so che quando essere forte è l’unica scelta che hai per continuare, la forza ti esce. il problema è come usi la sofferenza che stai provando: se dopo diventi più cattivo, la sofferenza non l’hai usata bene".

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