Fedez strappa la foto del viceministro Bignami a Sanremo, Massimiliano Panarari: “Un eccesso studiato, la politica diventa palcoscenico”

Il massmediologo analizza l’uscita del rapper: "Come Blanco, ha esagerato per lasciare il segno e spesso si rivela inadeguato. Ma quello scatto, per l’onorevole, non andrà mai in prescrizione"

Fedez con la foto di Galeazzo Bignami

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Bologna, 10 febbraio 2023 – Massimiliano Panarari, sociologo e docente all’università Mercatorum, che lettura dà all’esibizione di Fedez a Sanremo, nella quale rappando strappa una vecchia foto in cui il viceministro Bignami è travestito da nazista in un momento di goliardia?

"Premetto che non può esserci divertimento nel vestirsi da ‘SS’, la goliardia per me è altro. Venendo al punto, abbiamo visto una performance da escalation, figlia della logica della spettacolarizzazione all’interno di una grandissima macchina come Sanremo. Hai tutti gli occhi addosso, tv, giornali, social, è ovvio che gli artisti trovino il modo, la chiave per superare il rumore di fondo".

Massimiliano Panarari, sociologo e docente all’università Mercatorum
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Però in questo caso abbiamo anche lo strappo materiale di una foto: un gesto eccessivamente violento?

"Farei il parallelo con Blanco, che ha distrutto i fiori: questi atti performativi sono atti comunicativi che hanno l’obiettivo di segnare la memoria di chi guarda. E non da ieri la politica entra a Sanremo, c’è sempre stata, anche come terreno di scontro. Sanremo, è un grande specchio del Paese, un fatto sociale totale come direbbe Durkheim".

Bignami e altri come lui hanno diritto all’oblio per un fatto antico per cui si sono scusati?

"Vestirsi da nazista allora come vestirsi da Putin oggi richiede un riconoscimento di responsabilità. Ci sono cose su cui non si può scherzare, credo che comunicativamente la foto abbia una coda lunghissima".

Ma un a ttacco personale così è o no irrituale?

"Fedez è incline a fuoriuscire dagli schemi in maniera inadeguata, si pensi alle polemiche sulle frasi su Emanuela Orlandi. E’ un impulsivo e qui abbiamo lo stesso schema, avendo lui costruito parte della celebrità recente sul suo posizionamento contro la destra. E sta proseguendo come paladino dei diritti, anche se quelle battaglie sono più complesse della spettacolarizzazione che lui persegue, basti pensare ai bei monologhi di Fagnani e di Moshir Pour. Ha trovato spazio la logica conflittuale tipica del mondo musicale da cui proviene, voleva épater les bourgeois (dal francese ‘sbalordire i borghesi’) anche per un regolamento di conti personale".

Ma ha ancora senso che la politica sia così oggetto di strumentalizzazioni a Sanremo?

"Il Festival diventa un grande amplificatore del dibattito, i politici lo cercano perché possono ottenere luce riflessa, un elemento forte alla vigilia delle elezioni regionali. Nel destra-centro c’è la forte competizione Meloni-Salvini, il voto potrebbe ridisegnare ancora certi equilibri e Sanremo, un luogo dove le tendenze socialmente progressiste finiscono per prevalere, diventa un terreno di conflitto nel momento in cui il destra-centro ha un disegno di egemonia culturale. Detto questo, se fosse capitato a Berlusconi, forse lui avrebbe lasciato correre".

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