Coliandro, Daoud Bassan da 'Beirut snack' al cattivo della fiction

La produzione lo ha convinto a interpretare il ruolo, ora c'è ancora gente che lo riconosce dietro al bancone

Giampaolo Morelli e Daoud Bassam

Giampaolo Morelli e Daoud Bassam

Bologna, 27 dicembre 2018 - A distanza di un mese dalla messa in onda, ancora qualcuno, quando entra da Beirut Snack in via delle Moline, fissa Daoud Bassan dietro al bancone e gli chiede: “Ma sei tu, per caso, il cattivo di Coliandro?”. Cattivo lui? Chi lo conosce non ci crederebbe neppure un secondo. Eppure in tv è successo. Era fiction: 21 novembre, il titolare del famoso take away della zona Universitaria vestiva i panni di guardia del corpo di Claudia Gerini (VIDEO) nella puntata “Serial killer”.

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Vecchia conoscenza Daoud, anche per chi non è un suo cliente abituale: era salito agli onori delle cronache l’anno scorso per essere risultato primo nella classifica dei ristoranti bolognesi su Trip Advisor, in barba a osterie e tortellini. E come è arrivato fino a Coliandro? Facendo falafel come sempre, che domande. “Ero dietro al bancone – racconta sorridendo il ristoratore –, quando sono entrati i ragazzi della Velafilm, produttori della fiction, a chiedermi se volessi partecipare alle riprese. Ho detto di sì: sapevo che avrebbero girato alcune scene da Ferramenta, il negozio qui di fianco. Avevo capito volessero anche il mio locale come location”.

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Invece, una volta a colloquio, i registi lo hanno spiazzato: “Vogliamo te”. La parte è quella di un cattivo che collabora con i terroristi dell’isis. A quel punto Daoud ha detto di no. “Il terrorismo islamico genera solo morte e dolore - spiega facendosi serio –, va combattutto e sconfitto, e io non posso accettare neanche per scherzo di passare per uno di loro”.

A convincerlo ci ha pensato Coliandro. “Ho chiesto consiglio ai miei amici e ai clienti - spiega il giovane imprenditore libanese -. Tutti mi hanno confermato che Coliandro è un personaggio positivo, e che si tratta di una serie simpatica e molto amata”. Così Daoud è tornato sui uoi passi, pur mettendo subito le mani avanti: “Io la faccia da duro, non l’ho mai saputa fare”. Poi la produzione lo ha tranquillizzato spiegandogli che anche Coliandro ci prova da sempre a fare il duro, ma non ci riesce quasi mai. Così sono cominciate le riprese: una settimana di fianco a Claudia Gerini, a nascondere cadaveri, rapire Vito nei panni dell’esilarante Giacomino e starsene per ore dalle parti dell’Unipol, con il sangue finto sotto il solleone per fingersi morto.

Triste? “Macché – ride Daoud – anzi sono contento: in un film, come nella vita, la parte più bella è quando i cattivi perdono, e vincono i buoni”. E quella faccia da cattivo, poi? “Non so come, ma con l’aiuto di registi, attori e troupe, alla fine è uscita fuori...”. E’ svanita anche del tutto l’amarezza per aver dovuto interpretare un terrorista, solo in quanto arabo.

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“E inevitabile – alza le spalle -. E’ come con il mio nome: vuol dire Davide, ed è lo stesso Davide dei cristiani. Ma se lo traduci in arabo, Daoud, sembra diverso. E penso a quante cattiverie ho letto sui social in seguito all’articolo del Carlino sulla classifica di Trip Advisor. Eppure la gente è venuta qui per curiosità e non è più andata via. Merito del nostro lavoro, della qualità dei prodotti e della passione che ci mettiamo. Mi basta questo, l’avere conquistato non solo gli studenti, ma anche tante famiglie bolognesi e l’essere riuscito a dare lavoro a dieci persone. Per questo alle offese ho sempre risposto con un sorriso. Anche perché la faccia da duro, tranne che in Coliandro, non riesco proprio a farla”.

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