Mingardi: "Gianni Cavina, che attore. Meritava di più"

Il cantautore racconta: "Ci siamo conosciuti a vedere la Virtus. Quante avventure nei locali, una volta rischiammo una coltellata"

Gianni Cavina con Andrea Mingardi nel 1995

Gianni Cavina con Andrea Mingardi nel 1995

Bologna, 28 marzo 2022 - "Gianni era passionale, ironico, ’sbordellone’... Insomma, un amico". Il ricordo del cantautore bolognese Andrea Mingardi dell’attore scomparso sabato, è un impasto di commozione e memoria. Un racconto, quello dell’amicizia con Gianni Cavina, che è quasi un film: tra serate, locali, set, risate e imprevisti. E poi Pupi Avati, Lucio Dalla, il Bologna calcio, la Virtus...

Gianni Cavina in una foto recente
Gianni Cavina in una foto recente

Che amico era Gianni Cavina?

"Un amicone. Aveva il suo carattere da brontolone polemico, quanti vaffa che ci siamo tirati... ma tutti affettuosissimi".

Quando vi siete conosciuti? "Avevamo 20 anni. Eravamo in Sala Borsa, sulla balaustra, allora lì giocava la Virtus... Poi ci siamo incontrati e visti dappertutto. Facevamo un sacco di ‘vasche’ sotto il Pavaglione. Parlavamo tanto anche di musica, a lui piaceva molto. In quegli anni seguivo un gruppo di sciagurati sperimentatori nel locale Le Ruote, ai bordi di Piazza Aldrovandi. C’erano lui, Lucio Dalla e Giulio Pizzirani che facevano cabaret. Che bei ricordi...".

Che anni erano quelli?

"Anni di serate e locali storici. Al Ginko Billobar canticchiavo, e un giorno salì anche Gianni col suo clarinetto e mi disse: ‘Non sapevo che cantassi’. E io: ’Non sapevo che suonassi’. Venivano in tanti, anche Pupi Avati, che suonava pure lui il clarinetto, e poi si andava tutti dalla Lamma, a mangiare tonno, fagioli e cipolla. Quante avventure..."

Ce ne racconti una...

"Beh, la rissa del 1995. Un amico mi invitò all’inaugurazione del suo ristorante di pesce. Eravamo una bella tavolata, c’erano Cavina, Gianni Fantoni, il giocatore del Bologna Gino Pivatelli. Era una bella serata, tanti amici, ma a un certo punto io e Gianni ci accorgemmo che qualcuno ci guardava e prendeva in giro, con insulti pesanti. Pivatelli si alzò per difenderci, ma si prese quattro schiaffoni. Arrivò la security, il tizio – ubriachissimo – venne allontanato, ma poi tornò con un coltello e ci gelò: ‘Vi ammazzo tutti’".

E poi?

"Le nostre compagne scapparono, qualcuno si nascose, altri fuggirono. Gianni, però, aveva una gamba ingessata e fu più lento. Arrivato in macchina, mentre il tizio dava coltellate al parabrezza, gli rimase la gamba ingessata fuori dallo sportello... meno male che arrivò la polizia. Credo che neanche Woody Allen avrebbe potuto scrivere una storia più divertente...".

C’era anche il calcio a unirvi.

"Eccome. Il tifo per il Bologna, ma giocavamo anche. Organizzammo una partita con artisti e musicisti. L’allenatore era Helenio Herrera. Portai con me anche Gianni, che in quel periodo era un po’ appesantito... ‘Chi è l’hombre con il numero 7, toglilo dal campo’, urlava Herrera. ‘Lo tolga lei’ , rispondevo io. Giocavo mezz’ala, Gianni centravanti: eravamo una squadra sciagurata, ma la mia riserva era Roberto Mancini!".

Ma è vero che Cavina era deluso dal Bologna?

"Sono cose che si dicono. Ma se uno nasce rossoblù, muore rossoblù".

Si trasferì a Roma... Era arrabbiato con la sua città?

"Lui era Bologna, in tutto. Si trasferì per avere più opportunità professionali. Nella Capitale tamponi qualcuno e ti chiedono di fare due pose per un film. Qui da noi sei svantaggiato, io ne so qualcosa... Comunque era un grande attore, straordinario in ruoli leggeri e drammatici. Ha lasciato perle, ma ha avuto meno di quello che meritava... Fosse stato negli Stati Uniti sarebbe stato come uno di quei caratteristi che hanno fatto la storia del cinema, come Karl Malden ".

Quando l’ha visto l’ultima volta?

"Alla presentazione di un libro con Antonio e Pupi Avati. Faceva fatica a camminare. La settimana scorsa l’ho chiamato a casa, volevo dirgli: ’Come mai non ci si vede da un po’?’. Ma forse è meglio che non abbia risposto".

 

 

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