Bologna Fc, a Torino sul pullman dei sogni: "Battuti, ma la fede non vacilla mai"

I sostenitori del club Andrea Costa si dividono: "L’ha persa Thiago", "Sabato ci rifacciamo contro Sarri". Storie di una passione che di lunedì notte spinge a fare 700 chilometri con l’Europa nei desideri.

A Torino sul pullman dei sogni: la foto di gruppo

A Torino sul pullman dei sogni: la foto di gruppo

Bologna, 8 marzo 2023 – Le luci all’interno sono spente, il pullman macina chilometri in direzione Bologna, mentre i pensieri dei tifosi viaggiano nella corsia opposta, quella dei rimpianti. Si sono spinti fino a Torino pronti per veder decollare i sogni d’Europa: volo cancellato, piedi per terra. Come il morale. "E’ il nostro destino, quello di fermarci sempre a un passo dalla svolta". E poi "non puoi lasciare Arnautovic in panchina per tutta la partita", sentenzia una voce dal buio dei posti in fondo. "Infatti, come si fa? Stavolta l’ha persa Thiago", gli fa eco un altro. Si alza il professore di turno: "Io, però, ve l’avevo detto che contro Juric sarebbe stata durissima".

Un coro di amarezza e disillusione mentre scorrono i titoli di coda su una giornata che addosso ora pesa come un’armatura. Normale: l’adrenalina è scesa e ha lasciato spazio alla stanchezza di quasi settecento chilometri consumati per la buona anima del nulla.

L’orologio ha scavallato la mezzanotte: è già martedì, e per molti dei quarantatré fedelissimi oggi si lavora. Andrea ha l’appuntamento con il dovere fissato alle 5 e mezza. Giusto giusto il tempo di scendere dal bus e salire in auto verso Porto Viro. "Arrivo a casa, lascio Lorenzo e poi parto subito per Brescia", ci racconta, mentre affianco, barricato dentro il giaccone, dorme esausto il suo Lorenzo: dodici anni, metà dei quali già votati alla causa rossoblù, l’unica concepita in famiglia. "Gli ho detto: o il Bologna o quella è la porta – spiega il papà, classe 1984 –. La prima trasferta l’ho fatta nel 1990, ora le faccio tutte le domeniche, perché da casa nostra al Dall’Ara sono un’ora e venti minuti. Spingendo forte".

Andrea ha una passione sconfinata e un sorriso contagioso: "Dai che sabato con la Lazio vinciamo, loro giocano malissimo. E poi si va tutti a Salerno". Tutti, compresi lui e il suo Lorenzo ovviamente. "Piuttosto divorzio, ma all’Arechi ci sarò", scherza (ma forse nemmeno troppo). A Salerno ci sarà anche Valerio, tifoso doc classe 1956 con i ricordi scolpiti sul cuore: "La prima volta che vidi il Bologna dal vivo fu il 19 maggio 1963, sulle spalle di mio papà: all’epoca ti facevano entrare anche all’intervallo. Perdevamo 2-0 con il Mantova, poi finì 2-2". Valerio è uno dei custodi emotivi dello squadrone che tremare il mondo faceva: "Avevo 7 anni, ascoltai tutto lo spareggio-scudetto seduto davanti alla radio: al primo gol di Fogli scesi le scale, mia madre mi gridava di tornare indietro, ma io corsi a suonare a una famiglia di interisti nella palazzina vicina. Mi aprì la figlia, feci il gesto dell’ombrello e scappai via". Il sorriso guascone di quel ragazzino spunta ancora sotto i baffi bianchi. Ha un po’ quel fare bonario da oste: e infatti all’andata dispensava fette di ciambellone al cioccolato in una delle soste sulla lunga strada per Torino. "Ho iniziato ad andare in trasferta dal 2019, una volta in pensione: non ne ho persa una, ero persino a Cagliari nel gennaio 2022". La famigerata partita rinviata per il focolaio Covid, ma poi giocata l’indomani con la vittoria dei sardi. In cinque rimasero sull’isola per sostenere il Bologna e – indovinate un po’ – due di questi erano Andrea e Valerio.

Brucia di passione e di storie il motore del pullman che batte la bandiera del ‘Bologna Club Andrea Costa’. A tenere insieme questo piccolo carrozzone rossoblù c’è Ivano Sala, presidente del gruppo fondato nel 2001. "La prima trasferta l’ho organizzata a Lecce, eravamo appena in tredici". Oggi gli iscritti sono più di cento e la conta dei viaggi ha superato quota 400. Ivano c’era anche nell’ultima spedizione europea a Londra, in casa Fulham, agosto 2002. "La compagnia aerea fece l’ultimo volo la sera prima della nostra partenza, poi dichiarò il fallimento: ma noi partimmo lo stesso con un altro aereo, poi per arrivare in tempo prendemmo un taxi per 70 sterline. Insomma quella partita ci costò un occhio della testa". Il finale è noto: tripletta di Inamoto e addio sogni di Uefa. Nasceva proprio quell’anno Luca, che lunedì a Torino ha fatto la prima trasferta della sua vita. "In un mondo globalizzato, mantenere un po’ di radici nella propria tradizione è fondamentale, per questo tifo Bologna", spiega il 20enne, studente di Ingegneria gestionale. Sono i fili degli affetti e della famiglia a intrecciare queste storie di passione pura. Come quella della signora Giancarla da Sasso Marconi. Fino al 1995 non aveva mai visto i rossoblù dal vivo. "Rimasi vedova ed ero sola a casa, allora mio fratello mi disse: adesso tu vieni allo stadio con me – racconta –. Non ho più saltato una partita". Le si accendono gli occhi a nominare l’Europa. "Sarei pronta a partire subito".

Attestati di una fede vera, incrollabile, più forte del freddo, del lunedì sera, della distanza. Qualcuno per consolarsi affonda i dispiaceri nella mortadella avanzata dal viaggio d’andata. A un certo punto, per sdrammatizzare, parte anche un coro: "Scusa, amore, faccio tardi: resto qui a vedere Bardi". Poi l’ultima, rapida sosta in autogrill. Scendono in pochi, dormono tutti. Quasi tutti.

C’è ancora chi, telefonino in mano, non si rassegna, alla notte e tantomeno alla sconfitta: "Fammi mo’ rivedere il gol di Karamoh, sono sicuro che Skorupski poteva fare meglio".

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