Cambia l’arbitro, non gli errori

Leo Turrini

Come uccidere la Formula 1. Che certo risorgerà, perché si tratta di un mondo capace di imparare dagli errori.

Ma quanto accaduto ieri, nel convulso finale di Monza, è un’offesa. Anzitutto alla folla enorme che meritava un epilogo all’altezza delle emozioni del weekend. E poi è stata anche una ingiuria alla credibilità del motor sport.

Mi spiego, almeno a beneficio di quanti non avessero seguito l’evento. Quando Daniel Riccardo ha parcheggiato a bordo pista la sua McLaren, mancavano ancora sette giri alla bandiera a scacchi. La giuria aveva tutto il tempo per ordinare la sospensione della gara, predisponendo una seconda partenza. Tra l’altro, durante l’inverno era stato cacciato l’arbitro dei Gran Premi, l’australiano Michael Masi, per non avere esposto la bandiera rossa ad Abu Dhabi, così favorendo il rocambolesco sorpasso di Verstappen.

Bene, anzi, male. I suoi successori hanno fatto di peggio. Nel tempio della velocità, tra i fischi di una folla inferocita, hanno imposto un arrivo a ritmo di lumaca alle spalle della safety Car, che per giunta era entrata in pista nel momento sbagliato.

È un peccato essere costretti a prendere atto che chi governa l’automobilismo evidentemente non è all’altezza di una ritrovata passione popolare. Le corse sono corse. La sicurezza deve venire prima di qualunque altra considerazione.

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