Conte come Celentano

Leo Turrini

Sembra quasi di vederlo, il giovane presidente Zhang mentre si rivolge al suo allenatore (uscente) esclamando: siamo la coppia più bella del mondo! Ma Antonio Conte, che peraltro non somiglia a Claudia Mori, impettito ribatte: soli, col tempo che si è fermato, è inutile suonare, qui non vi aprirà nessuno. E il povero Marotta, controllando sul cellulare che Max Allegri non abbia cambiato numero, eccolo lì, sconfortato o forse no: io non so parlare d’amore, l’emozione non ha voce...

Eh, sì. Mi è già capitato di scriverlo, nel cuore di questa tumultuosa estate interista: Conte è come Adriano Celentano. Fin quando il Molleggiato si limita a fare il mestiere suo di cantante, nulla da obiettare: è formidabile. Idem l’ex ct della Nazionale quando provvede ad allenare: è bravissimo, cava persino il sangue dalle rape. Il problema, con Celentano e con Conte, è quando finisce la musica o finisce la partita e il microfono resta acceso: apriti cielo!

Lo hanno già spiegato tutti e dunque mi accodo. Parlassimo soltanto di calcio, non ci sarebbe discussione. Conte è uno dei più grandi tecnici che la Beneamata abbia avuto. Ha trasformato un gruppo di perdenti rassegnati in una banda di quasi vincenti. Ha avuto straragione a proposito di Lukaku.

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