Di Giacomo, appello a giugno "L’omicidio non fu premeditato"

Il difensore del killer di Calbucci contesta l’accusa che è costata al suo assistito la condanna all’ergastolo

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Inizierà a giugno il processo d’appello per l’omicida Giuseppe Di Giacomo, il pensionato 67enne che il 19 dicembre del 2020 uccise a coltellate il vicino di casa 49enne Davide Calbucci al parco delle Vigne. La Corte d’Assise d’appello di Bologna ha fissato per il prossimo 13 giugno l’udienza. Di Giacomo, che si trova dal giorno del delitto in carcere a Forlì, è stato condannato all’ergastolo lo scorso ottobre e la Corte d’Assise di Forlì nell’applicare la massima pena, ha ritenuto sussistenti tutte le aggravanti contestate. Per i giudici di primo grado l’omicida avrebbe deciso di commettere l’atroce delitto la sera precedente al fatto, per futili motivi e agendo con crudeltà.

Il difensore dell’imputato, l’avvocato Antonino Lanza, ha proposto appello contro la condanna, sostenendo in particolare che non sia plausibile che l’omicidio sia stato premeditato. Secondo il difensore ci sarebbero poi delle attenuanti che non possono essere sottaciute e non giustificherebbero la pena dell’ergastolo: Di Giacomo si è costituito, si è sottoposto ad esame, e così facendo avrebbe agevolato le indagini, sostiene il difensore. A sostenere le parti civili saranno gli avvocati Alessandro Sintucci e Marco Baldacci.

Iwona Bednarz, la moglie di Davide Calbucci, ha commentato così la sentenza di primo grado: "E’ stata fatta giustizia, ma io non mi sento assolutamente meglio, auguro all’assassino di mio marito di marcire in carcere per quello che ha fatto. Spero che Dio mi dia la forza per combattere questa battaglia fino in fondo".

Il 19 dicembre del 2020, Giuseppe di Giacomo uccise il vicino di casa Davide Calbucci al parco con 34 coltellate. I motivi della tragedia? Del tutto banali: liti, offese, problemi condominiali che si trascinavano da tempo tra scambi di accuse e screzi. Reo confesso, si costituì in carcere a Forlì. Subito dopo il fatto non apparve per niente pentito, e tuttora scrive lettere dal carcere in cui dà la colpa del suo folle gesto ad altri.

Annamaria Senni