"Facoltà di medicina? Per ora è Forlicentrica"

Il segretario del sindacato dei medici Vergoni contesta il ‘trionfalismo’ dell’Ausl: "Si dovrebbero attivare sinergie sul territorio"

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di Elide Giordani

Cos’ha fatto saltare la mosca al naso del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Romagna (600 aderenti) a margine della tavola rotonda organizzata una settimana fa da Asl e Università nel Campus di Forlì? Di certo il titolo della manifestazione: "Dove si fa ricerca si cura meglio" con sottotitolo "il corso di Laurea di Medicina e Chirurgia a Forlì". Ma non era la Facoltà di Medicina della Romagna? La domanda, che sorge spontanea, è quella che ha suscitato nel segretario dell’Anaao, il dottor Gilberto Vergoni, l’istinto di sfoderare la spada.

Dottor Vergoni cos’è che le è parso inopportuno a proposito di quell’incontro?

"Che è sembrata più una fiera della vanità che non l’attuazione di nuove sinergie. Fa specie che si sostenga che la sanità sia migliore con l’Università. In un Paese in cui hanno ridotto drasticamente posti letto e ospedali mentre aumentano le facoltà, magari potrebbe sembrare. La realtà è che siamo tra le migliori sanità del mondo e non grazie alle nostre facoltà. Il Covid ha ben dimostrato dove e chi abbia assunto il ruolo decisivo nell’arginare i danni della pandemia: negli ospedali, soprattutto pubblici, e nei loro reparti di Medicina Interna, di Medicina d’Urgenza e di Terapia Intensiva, con il contributo tutto volontario di tutti gli specialisti. Nessun romagnolo affetto da gravi sintomi da Covid è dovuto andare fuori dal territorio. La terapia intensiva di Cesena ad esempio ha trattato 399 casi, sgravando il più possibile le terapie intensive limitrofe, permettendo il più possibile la chirurgia tumorale. Ma questo non è comparso tra i dati riportati nell’incontro. Della sanità romagnola è riconosciuta l’alta qualità anche con articoli scientifici citati per la loro importanza proprio perché in trincea. Non abbiamo mai smesso di elaborare protocolli e sviluppare ricerca confrontandoci coi dati scientifici mondiali e addirittura proponendo studi e sperimentazioni cliniche, dalla traumatologia ai tumori maligni, come anche in Neurochirurgia". Dunque, la sanità romagnola non ha bisogno dell’Università?

"Certo che ne ha bisogno, ma tutto sembra volersi risolvere nel territorio di una delle vecchie Ausl della Romagna mentre si parla di ‘due superpotenze come Ausl Romagna e Unibo" che dovrebbero attivare sinergie su tutto il territorio di loro competenza".

In pratica cosa significa?

"Che questo impegno appare forlìcentrico o ravennacentrico, mentre tutta la Romagna deve essere coinvolta nel progetto di convivenza e sinergia con l’Università, pur mantenendo chiare differenziazioni in particolare nei finanziamenti".

La solita contrapposizione campanilistica tra le città della Romagna?

"La ANAAO ha sempre combattuto le tendenze campanilistiche per la difesa di privilegi più o meno acquisiti in base al peso politico del momento, che tendono a una sorta di cannibalizzazione tra le varie specializzazioni chirurgiche e non, per eccellere in un territorio piuttosto che nell’altro. E ora non vorremmo che l’Università divenisse lo strumento divisivo, contrariamente a quanto il direttore generale Carradori ha posto come base nell’accordo con Unibo.". Intende anche nella spartizione dei fondi Pnrr per la sanità? "Quello che ci ha insegnato la pandemia non è tanto e non solo la ricerca, quanto piuttosto la necessità di investire congiuntamente nella Medicina di Base e nella Medicina Ospedaliera; attenti a interpretare il PNRR solo per il territorio, incorrendo nell’errore di non portare avanti di pari passo le due principali realtà del sistema sanitario nazionale: occorre una nuova interpretazione, una nuova elaborazione del sistema che non contrapponga le due facce della stessa medaglia".