Le origini celtiche del maiale. Se il baghino finisce nel sacco

La parola dialettale ha più di duemila anni e affonda le sue radici nella presenza della tribù dei Galli Boi

Le origini celtiche del maiale. Se il baghino finisce nel sacco

Le origini celtiche del maiale. Se il baghino finisce nel sacco

Baghino: termine romagnolo che indica il maiale, tra Cesena e Rimini, ancora in uso tra i parlanti locali e che stupisce i forestieri. Il bello è che questa parola ha più di duemila anni: ha origine prelatina. Deriva infatti dal gallico “baga”, che significava otre, panciuto. Non per niente le tribù dei Galli Boi di origine celtica furono tra noi, nella nostra terra, prima dei Romani. E cosa significa “bag”,in inglese? Borsa, sacco: guarda un po’. La storia delle parole, quelle dialettali comprese, è più affascinante e storicamente rivelatrice di quanto si creda. Passiamo alla consorte del baghino, la scrofa, la troia, ancora più vorace perché deve allattare la numerosa figliolanza. Faremmo torto all’intelligenza delle lettrici e dei lettori se indugiassimo sull’invettiva, vile porcaggine da maschi da bar, rivolta alla libertà delle donne. Molto più divertente cercare l’etimologia, cioè l’origine del nome della troia: che i dizionari definiscono incerta. Abbiamo consultato anche il Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia (volendo è in biblioteca, ma consultabile anche online nel sito Accademia della Crusca).

Ed ecco, alla voce troia, spuntare il “Porcus Troianus”. Cosa diavolo era? Niente d’inquietante: era una specialità gastronomica dell’antichità. Vale a dire un maiale arrosto, una porchetta, con dentro altra piccola selvaggina arrostita. Perché “troianus’? Come il cavallo di Troia ideato da Ulisse conteneva sorprese guerresche, così questo “porcus” nascondeva sorprese, ma solo golose. Dunque la denominazione di troia deriverebbe da questa leggendaria specialità gastronomica? Suggestivo pensarlo: più probabile che la parola troia sia antica espressione popolare che si si è radicata attraversando i secoli nella lingua italiana e nel parlare quotidiano. Troia inoltre, è voce polisemica, cioè con diversi significati a seconda del contesto e dei tempi. Nel medioevo era definita troia, per via del rumore che emetteva,anche un tipo di catapulta usata negli assedi alle mura dei castelli. Ed è sorprendente ritrovare questa similitudine in tempi recenti: “al troj”, le troie. Così i contadini di S. Egidio e dintorni chiamavano nell’ottobre del 1944 i lanciarazzi tedeschi postati in quelle campagne contro gli Alleati che stavano avanzando dal Rubicone. Quelle moderne macchie da guerra ad ogni scarica di ordigni emettevano una sorta di sinistro grugnito. Come si vede, l’etimologia non è solo roba da eruditi: serve invece a capire ed amare la nostra lingua e i suoi perché. Siparietto finale con altre parole di origine non latina, d’uso ancora corrente: magone, nel senso di angoscia, “magòn”, in dialetto. Vende dal longobardo “mago”, che significava stomaco. Dunque il magone, per traslato, era un groppo che restava in gola. Suo derivato, non angoscioso, è il “maghèt”, il ventricolo dei polli. Infine il Passo dei Meloni presso Strigara, valico intercollinare. Il toponimo, cioè il nome del luogo, Meloni non ha che fare, in questo caso, con colture di mele. Quanto, ipotesi più verosimile, con la voce gallica “mel” che significava monte, frana, luogo scosceso. Come sempre nel nome dei luoghi c’è uno spicchio storico della nostra terra e delle nostre radici.