
Veduta della chiesa e del convento di San Francesco, secolo XV (Biblioteca Malatestiana)
I Vespri Siciliani di Cesena, ovvero il massacro dei Martinelli ad opera dei Tiberti (entrambe nobili famiglie cittadine) dentro la Chiesa di San Francesco all’ora del vespro cioè al tramonto, durante una funzione religiosa. Una guerra civile in salsa cesenate, nel segno sanguinoso della lotta per il potere senza quartiere. Accadde proprio di questi giorni, secoli fa: nel luglio dell’Anno del Signore 1495, anche quel giorno era domenica. Per trovare moderni paragoni ad un simile attacco a tradimento bisogna pensare alla strage di San Valentino, il 14 febbraio del 1929, trappola congegnata da Al Capone contro la banda di Bugs Moran: ma almeno i gangster per regolare brutalmente i conti colpirono in una autorimessa di Chicago, non dentro la sacralità d’una chiesa.
Tornando a Cesena, quella scena del crimine a Cesena oggi non c’è più: era la grande chiesa di San Francesco di cui, in piazza Bufalini, resta solo l’avanzo dell’abside sul muro di Casa Bufalini (la chiesa fu demolita nel 1844). Ecco perché proponiamo ai lettori il particolare d’una veduta, rielaborazione grafica della chiesa e del convento di San Francesco in cui è allocata la nostra Biblioteca Malatestiana: questa veduta fu commissionata anni fa dalla direzione della biblioteca proprio per dare ai visitatori un’idea visiva e d’insieme su com’era il complesso conventuale nel suo ‘magic moment’.
Altri particolari del massacro in chiesa. Fu il cronista reporter Giuliano Fantaguzzi (1453- 1501) a definire ‘Vespri Siciliani di Cesena’ quella carneficina. Achille Tiberti e i suoi scherani non solo scannarono una trentina tra i Martinelli e seguaci, ma misero a ferro e fuoco anche palazzo della famiglia rivale che era in contrada Verzaglia. i Martinelli superstiti trovarono rifugio a Rimini, covando vendetta. E infatti la faida continuò per alcuni anni in un alternarsi di ritorsioni e reciproche efferatezze che oggi possono sembrare la trama di serie televisive tipo ‘Il Torno di Spade’. Ma nel nostro caso non è una ‘fiction’, ma una delle pagine dolorose della nostra storia: l’altra faccia della storia, quella feroce, magari spiacevole da ricordare ma necessaria ad un racconto veritiero della storia cittadina.
Va ricordato che quella insanabile inimicizia si scatenò dopo il collasso della Signoria Malatestiana a Cesena, quando la città era tornata sotto la Chiesa, i legati pontifici faticavano a prendere le misure e ai signorotti locali non pareva vero fare i comodi loro. Ma stava per entrare in scena il castigamatti di turno, vale a dire Cesare Borgia, il Valentino che nel suo pur breve sogno d’un Ducato di Romagna sottomise i Tiberti e costrinse i clan cesenati a regolare i loro conti in trasferta. Successivamente, nel tempo, sia i Tiberti che i Martinelli uscirono di scena, estinguendosi come casata. Resta a Cesena in centro una via Tiberti dove all’angolo con via Isei sorge ancora oggi il Palazzo Locatelli, già Tiberti: era la loro casa -torre che poi i Locatelli trasformarono in sontuosa dimora gentilizia. Quella torre che in passato era ancora chiamata Torre dei Tiberti fu abbattuta nel marzo 1823 perché danneggiata e pericolante causa le ripetute scosse telluriche che spaventarono tutta Cesena in quei lontani giorni.