GABRIELE PAPI
Cronaca

Mine antiuomo, il tragico lascito della guerra

Oggi seminano morte sui campi di battaglia in Ucraina, ma anche in Romagna colpirono i civili per anni dopo la fine delle ostilità .

1944- 45: le principali zone minate in Romagna ( da ‘La bonifica dei Campi Minati 1944- 1948’)

1944- 45: le principali zone minate in Romagna ( da ‘La bonifica dei Campi Minati 1944- 1948’)

Mine antiuomo, esempio della viltà più efferata. Anche da noi, dopo il passaggio del fronte e la fine della seconda guerra mondiale continuarono a tinteggiare di sangue e disperazione, colpendo bambini, agricoltori e sminatori. In questo primo tempo della nostra ricerca non abbiamo trovato studi specifici riferiti alla nostra realtà su questa strage della guerra senza pietà: molteplici, tuttavia, e sparpagliate in varie fonti storiche sono le vicende strazianti e ingiustamente dimenticate; abbiamo provato a ricucirle.

Qui ne citeremo solo alcune. Dopo il passaggio del fronte, Case Missiroli di Cesena: una bimba e il suo fratellino giocano nei campi con due loro amichetti. Trovano un aggeggio strano, sembra quasi un gioco, contiene una pallina. Esplode: un’ambulanza inglese di passaggio sulla via Emilia si ferma. Raccoglie la bimba e il suo fratellino ancora vivi. Li porta d’urgenza all’ospedale inglese allestito nella palestra del liceo classico Monti: quegli ospedali in genere curavano solo le loro truppe, ma questi bimbi hanno i minuti contati. La bimba sopravvive: ma sarà necessario amputarle le gambine dilaniate. Per lei, con una gran voglia di vivere, poi sarà una vita diversa: sua mamma riuscirà poi a farla accogliere nel collegio dei ‘mutilatini’ di Don Gnocchi a Firenze dove la bambina potrà avere protesi (non solo stampelle), studiare, rifarsi una vita: ma non quella che spetta, o spetterebbe, ad ogni bambina o bambino. Non ce la fece invece il pastorello di Montecodruzzo che la domenica faceva il chierichetto: straziato da una bomba. C’erano già allora ordigni subdoli (gli sminatori, che pagarono anch’essi un disperante tributo di vittime, ne trovarono di almeno sessanta tipi diversi: anche con involucri in legno o in vetro, in modo di non essere rilevati dai ‘cercamine’ (i metal detector). Quel chierichetto è ricordato da un monumento, opera dello scultore cesenate Tito Neri, fatto realizzare nel 1988 da Don Armando Moretti giovane parroco di Montecodruzzo al tempo di quella tragedia.

Ed erano poco più che ragazzi i pescatori di Cesenatico della barca ’Giovanna Giuseppina’ che nel febbraio 1946 avevano provato a riprendere il mare per sfamare le loro famiglie e la popolazione. Il loro trabaccolo urtò una mina subacquea antisbarco appena fuori dal portocanale che dilaniò barca e pescatori. Sono solo alcuni ‘grani’ del rosario doloroso di vittime innocenti di guerra lontana nel tempo: storie struggenti, non solo di ieri, ma che anzi riverberano nel mondo. Sono 60, oggi, i Paesi ancora contaminati da mine antiuomo (Ucraina compresa). L’Italia, nel 1997 ha smesso di produrre e commerciare queste bombe (va detto che le mine antiuomo e anticarro prodotte in Italia erano considerate dai ‘signori della guerra’ una eccellenza del made in Italy), aderendo alla convenzione internazionale di Ottawa che ripudia queste bombe vigliacche. Ma se 164 Paesi del Mondo hanno messo al bando queste mine, altri Paesi (almeno 11 e importanti) continuano a produrle tranquillamente. Di questo e di altre storie di casa nostra ne riparleremo domenica prossima, su questa pagina. La storia è anche il futuro sotto casa nella buona e, purtroppo, nella cattiva sorte.