MADDALENA DE FRANCHIS
Cronaca

Autisti dei bus, una vita di corsa: "Noi eroi della mobilità sostenibile"

Patrick Martini, ex ciclista professionista, racconta la sua esperienza al volante dei mezzi pubblici

Patrick Martini, ex ciclista professionista, racconta la sua esperienza al volante dei mezzi pubblici

Patrick Martini, ex ciclista professionista, racconta la sua esperienza al volante dei mezzi pubblici

Il primo capitolo della sua vita potrebbe intitolarsi "Nel segno del Pirata", perché sono le vittorie del conterraneo Marco Pantani a ispirare l’allora giovanissimo talento cesenate Patrick Martini, divenuto, tra gli anni Novanta e i primi Duemila, una promessa del ciclismo nazionale. Il secondo capitolo avrebbe il titolo "A tutta bici", come uno dei programmi televisivi che ha co-condotto per anni, in qualità di esperto di ciclismo, diventando un volto familiare per tanti appassionati, romagnoli e non solo. Il terzo capitolo, ancora alle prime pagine, si intitolerebbe "Start", che non è solo la traduzione inglese della parola ‘inizio’, ma anche il nome, a tutti noto, dell’azienda romagnola del trasporto pubblico locale.

Patrick Martini, perché Start Romagna ha significato per lei un ‘nuovo inizio’, a 44 anni?

"Dopo aver trascorso gran parte della mia vita ‘di corsa’ - prima in sella alla bici, poi come collaboratore di alcuni autorevoli gruppi editoriali (due su tutti, Rcs e Sky sport) – desideravo passare più tempo a casa con mia moglie e i miei figli. Negli ultimi anni mi sono ritagliato un ruolo via via più defilato, finché non ho appreso, dai giornali locali, del progetto ‘Scuderia’ di Start".

Dalla bici all’autobus è un salto non da poco: aveva mai guidato un mezzo così grande?

"No, ma è proprio questo il bello dell’opportunità offerta da Start: è l’azienda a investire sulla formazione dei candidati e a farsi carico anche del percorso di acquisizione delle patenti di guida, notoriamente molto costose. All’inizio eravamo un centinaio, siamo stati assunti in 15". Come si trova in questa nuova veste?

"La bicicletta è come una seconda pelle per me, essere in sella è come indossare un abito su misura. Eppure, mi dicono che me la cavo bene anche a guidare gli autobus (sorride, ndr)".

Tornando al suo primo amore, dall’età di 7 anni lei inanella un successo dopo l’altro, arrivando a vestire la maglia azzurra ai Mondiali di ciclismo del ’99 e a firmare, poco dopo, un contratto con la Fassa Bortolo, all’epoca uno dei team più forti al mondo. Poi, a 24 anni, la decisione di ritirarsi dalle gare. Perché?

"Quando si raggiungono certi livelli, è inevitabile scegliere se accettare o meno dei compromessi. Non parlo solo di performance, ma di scelte di vita. Io non ho accettato quei compromessi: negli anni ho avuto qualche rimpianto, ma la vita va avanti e non si può tornare indietro".

La sua seconda vita da ‘narratore del ciclismo’ - con l’endorsement di un altro nome di spicco del ciclismo romagnolo come Davide Cassani - non è poi così male: la sua rubrica ‘Salite da incubo’ su Sky sport è stata, per anni, un appuntamento fisso per gli appassionati.

"Ho avuto la fortuna di trasmettere ‘emozioni a pedali’ dai posti più incantevoli, in Italia e all’estero. Sono grato a tutte le testate che hanno creduto in me, compresa Teleromagna, per la quale ho co-condotto lo storico talk-show ‘A tutta bici’: una vetrina preziosa anche per il ciclismo locale".

Al lavoro andrà ancora in bicicletta, naturalmente…

"Certo, anzi è l’azienda che ci sprona a preferire la mobilità sostenibile per recarci al lavoro. Come potrei abbandonare la bici? Quando vedo passare una gara di ragazzini nelle nostre strade ho ancora il nodo alla gola".