
Orso Maria Guerrini
Cesena, 24 novembre 2018 - C'è un'altra tappa importante, che potrebbe essere quella definitiva, nella lunga vicenda giudiziaria relativa alla vendita di Palazzo Guerrini Bratti. Anche la corte d’appello di Bologna, in sede civile, ha confermato in questi giorni la nullità dell’atto di passaggio di proprietà e ha ribadito che ci fu circonvenzione d’incapace ai danni del precedente proprietario, il conte Leon Francesco Guerrini Bratti.
La causa civile è stata intentata da Ilaria Guerrini, sorella dell’attore Orso Maria Guerrini Bratti, ambedue unici eredi dell’ultimo proprietario. Sono sedici anni che le porte del settecentesco palazzo Guerrini Bratti, uno dei più belli e antichi di via Chiaramonti, sono serrate dal sigillo giudiziario.
E tanti sono gli anni della battaglia legale che ha contrapposto gli eredi del conte ai due acquirenti (Alberto Gollinucci e Ezio Biguzzi), che all’epoca lo acquistarono dal conte 90enne e oberato dai debiti. Un passaggio di mano, favorito dall’amministratore Guerrino Gozzi (figlio della governante), ad un prezzo di svendita dicono gli atti (1 miliardo e 400.000 delle vecchie lire a fronte di un valore di almeno il triplo), elemento che insieme ad altri è valso una condanna per circonvenzione d’incapace per tutti e tre gli imputati e il conseguente annullamento del contratto. Il giudice condannò Gozzi a 2 anni e 9 mesi, Gollinucci e Biguzzi ad 1 anno e quattro mesi.
La causa penale era stata intentata personalmente da Orso Maria Guerrini che solo nel 2002 aveva appreso della vendita, avvenuta nel 1999, della nuda proprietà del palazzo a due imprenditori cesenati. Lo zio aveva poi rivelato ai nipoti che i suoi conti erano ormai ben sotto lo zero e che sentiva la necessità di un affare veloce per lasciare una rendita alla moglie. «Le rate sarebbero state versate in sette anni: curioso per un novantenne...» commenta Orso Maria Guerrini.
Orso Maria Guerrini, ora potrete rientrare in possesso del palazzo?
«Ancora non si sa. Potrebbe esserci un ulteriore e ultimo appello alla Cassazione che, nel caso, potrebbe solo verificare un eventuale un vizio di forma in quest’ultima sentenza. La verità giudiziaria ormai è stata confermata, il palazzo però è ancora intestato a coloro che sono stati condannati e non a noi».
La vicenda comunque si avvia verso la conclusione. E’ soddisfatto?
«Moltissimo, ho reso giustizia a mio zio e voglio che i cesenati sappiano che i colpevoli sono stati puniti».
Da quanto tempo non entra nel palazzo?
«Ci sono stato l’anno scorso, anche per verificare che tutto fosse ancora funzionante. Attualmente se ne occupano i custodi, una famiglia di capoverdiani già al servizio dello zio, che hanno la nostra fiducia».
Il palazzo, tuttavia, anche per problemi agli affreschi della facciata, l’unica interamente dipinta esistente a Cesena, non sembra in forma. Non temete che possa progressivamente degradare?
«Questi sono i tempi della giustizia, non possiamo farci nulla. Però possiamo rivendicare la monetizzazione del danno provocato da tutta questa vicenda».
Cosa le piace di più del palazzo e che cosa la lega ad esso?
«Soprattutto le cantine con i calessi e la galleria dell’ultimo piano affrescata da Leandro Marconi. Ma in questi sedici anni di pene ci sono venuto poco, benché ne sia stato il custode giudiziario. Ci andavo da ragazzino con mio padre Marco Gallo con cui abitavo in Toscana, e poi anche in seguito visto che a Cesena c’erano gli unici parenti da parte di mio padre».