Senni, l’anima e il cuore del Basket 2005: "Oroglioso di far parte di questo mondo"

"Nei miei ricordi ci sono tante vittorie, certo. Ma stare in mezzo ai giovani atleti, vederli crescere: quella è tutta un’altra storia"

Il suo biglietto da visita è il sorriso sornione. Lo è sempre stato. È quello che ha rivolto a generazioni di aspiranti campioni di basket entrando ogni giorno in palestra lanciando un messaggio che non aveva bisogno di essere pronunciato: "Adesso sono problemi vostri…". Eccolo qui Pierpaolo Senni, una delle anime della Cesena Basket 2005, volto notissimo per una galassia di atleti che davanti alla sua lavagnetta sono cresciuti, imparando a loro spese che la vita non è sempre così facile, ma può essere davvero bellissima trovando sogni da inseguire.

Senni, quando i suoi primi palleggi?

"Andavo al liceo, il mio professore era Piero Gallina. Avevamo un ottimo rapporto. Mi piaceva tutto del basket, gli avevo parlato dei miei progetti di iscrivermi all’Isef e contestualmente lui mi propose di iniziare ad allenare. Cominciai all’Endas e pochissimo tempo dopo ci fu l’unione col Csi che portò alla nascita dell’allora Basket 82, quella che oggi è la Cesena 2005. Sono sempre rimasto qui".

Severo, rigoroso e con la pazienza in perenne fase di esaurimento, ma anche capace di cementificare un clima nello spogliatoio come quello che si respira nelle vere squadre, a prescindere dalla categoria. Se Senni è stato il tuo allenatore, non te lo dimentichi.

"(Ride di gusto, ndr) Nemmeno io mi dimentico dei ragazzi che ho allenato. Dei primi, come degli ultimi. Credo tanto nel valore dello sport e degli insegnamenti che riesce a trasmettere, dentro e fuori dal campo. E ho sempre lavorato per diffonderli. I riscontri più belli sono quando incontro gli adulti di oggi che erano i ragazzi di ieri, che mi salutano e si fermano a chiacchierare, ricordando con piacere gli anni passati insieme".

Apra il libro dei ricordi.

"Ce ne sono tanti: i primi gruppi che ho allenato, la qualificazione alle finali nazionali, ‘Charlie’ Foiera che, dopo essere cresciuto qui, è arrivato in serie A, le stagioni nelle quali ho allenato la prima squadra. I gruppi più recenti. Le vittorie, certo; quelle importanti, ovviamente. Ma non è solo quello. È il basket, è questo mondo. Sono orgoglioso di farne parte".

Non allena più.

"Ora ho un ruolo di coordinamento. Abbiamo tanti gruppi, tantissimi atleti, serve organizzazione. Sono il tramite con le famiglie (torna a sorridere, ndr)".

Sentiamo.

"Ci sono genitori di oggi che erano miei atleti in passato. A volte vengono da me e quasi si arrabbiano: ‘Ehi Pierpa, ma tu con noi eri più severo… Cos’è successo?’. L’intento non è mai stato quello di arrabbiarsi, ma di aiutare i miei ragazzi a crescere. È più facile riconoscerlo diventando adulti…".

Però sì, cos’è successo?

"Sono cambiati i tempi. Qualche decennio fa c’erano meno distrazioni, meno impegni, a volte si restava in palestra delle mezze giornate, sommando allenamenti su allenamenti. Ora è impossibile farlo, le famiglie hanno esigenze e aspettative diverse".

Si è adeguato?

"È bello farlo, perché è bello essere in mezzo ai giovani. Per restare sul pezzo devi sapere tutto delle nuove tendenze, dai look ai tagli di capelli… Faccio del mio meglio".

È padre.

"Di Filippo, che è geologo".

E il basket?

"Lo ha giocato e si è divertito. Per forza… È andato a studiare a Milano, per un po’ ha pure allenato. Ma non è questo il punto".

Qual è?

"È il fatto che sono orgoglioso di lui".

Senni fuori dal campo?

"Amo andare in bici, da strada e mountain bike. Da ragazzo giocavo a tennis, ora in estate me la godo davanti alla rete dei campi da beach. E poi per quello che posso, insieme alla società, cerco di dare una mano a chi ha meno. Collaboriamo con un’associazione, Amani, che sostiene dei villaggi in Zambia. Raccogliamo il nostro materiale tecnico e fondi e li inviamo. Ci sono stato anche io in Zambia. Quello che ho visto è impossibile da dimenticare".

Luca Ravaglia