Meno di due mesi e i balneari potrebbero rimanere senza l’azienda. Il 31 dicembre scade infatti il termine fissato per le attuali concessioni sul demanio marittimo in base a due sentenze del Consiglio di Stato, secondo le quali gli stabilimenti balneari devono andare a bando in base alla direttiva Bolkestein. Tuttavia dal governo non giungono segnali ufficiali e la sensazione è che si arrivi ad una ulteriore proroga di un anno, dal momento in cui a Roma non sono ancora stati decisi i criteri con cui scrivere i bandi ed i Comuni hanno dichiarato apertamente di non avere l’organizzazione e le risorse umane per seguire gli stessi bandi. Fra le persone che seguono costantemente la questione c’è Simone Battistoni, il quale, oltre ad essere presidente della Cooperativa stabilimenti balneari di Cesenatico (dove sono presenti 127 dei 170 bagni della costa di Forlì-Cesena), è anche vicepresidente nazionale e presidente regionale di Sib Confcommercio, il principale sindacato della categoria.
Battistoni, qual è la situazione?
"Siamo fermi, probabilmente il governo sta lavorando in silenzio, del resto la confusione non serve a nulla in una questione delicata dove c’è molta disinformazione".
Secondo alcuni esponenti del Governo i bandi non sarebbero necessari perchè le spiagge italiane non sono una risorsa limitata e quindi si potrebbero fare le gare su nuove concessioni da assegnare, tuttavia dall’Unione Europea giungono segnali irremovibili.
"L’unica possibilità di avere una via di uscita è un accordo con l’Unione Europea, questo è chiaro a tutti, così come deve essere chiaro che il problema della scarsità del bene non c’è, visto che soltanto il 33 per cento della costa è in concessione".
La politica in questa partita è strettamente legata agli interessi economici.
"L’Europa ha un grande interesse per l’unico settore dell’economia italiana rimasto in mani italiane; ci sono società forti e colossi che spingono, vogliono inserirsi ed investire, questo lo comprendiamo ma non lo condividiamo".
Secondo lei come va a finire? "Io sono fiducioso sul fatto che il governo porti a casa un buon accordo, con una tutela chiara di chi ha investito per costruire l’azienda".
E se questi investimenti o comunque la "buonuscita" non dovessero essere considerati?
"Io non lo ritengo possibile, perchè chi ora è al governo si è già espresso dandoci delle garanzie ed inoltre ha tutto l’interesse a farlo, perchè diversamente si rischiano migliaia di contenziosi".
In che senso contenzioni, a cosa si riferisce?
"Noi balneari abbiamo una legge dello Stato approvata nel 2018 dal governo di centro destra che ci garantisce la permanenza sino al 2033, con un titolo rilasciato e le imposte di registro da noi pagate sino al 2033, quindi abbiamo versato anche le tasse e cinque anni fa ci sono imprenditori che hanno investito su questa legge dello Stato. Non solo, anche il governo Draghi aveva dato la concessione di una proroga sino al 2024 con il riconoscimento del valore aziendale".
Poi però il Consiglio di Stato ha rivoluzionato tutto indicando con due sentenze la scadenza al 31 dicembre 2023.
"E’ vero e lo ha fatto anche sottolineando che il legislatore non doveva metterci mano e questo ci lascia molto perplessi".
Tornando alla proposta di mettere ad evidenza pubblico le spiagge non utilizzate dagli operatori, che è la strada sulla quale molti tentano di andare, lei quali idee ha?
"Il governo potrebbe trovare un accordo in tempi brevi con l’Unione Europea, mettendo sul piatto un piano con 3mila nuove concessioni, di cui 1.500 da destinare a imprenditori giovani, a imprese femminili e aziende e cooperative impegnate nel sociale, e le altre 1.500 da mettere a bando sul libero mercato".
A questo punto i detrattori direbbero che si vanno a cementificare altri chilometri di spiagge.
"Oggi la tecnologia consente di costruire aziende ad impatto zero, con nuovi materiali e niente cemento, per farlo è sufficiente metterlo nelle regole; come sempre è solo questione di volontà".
Giacomo Mascellani