di Gabriele Papi
Marzo 1920: veniva fondata a Cesena su iniziativa di Massimo Pantucci e di altri imprenditori d’area liberale la C.I.A, ovvero Consorzio Industrie Agrarie, la prima azienda conserviera in grande stile, sognando California. Un’idea buona ma avveniristica per la mentalità locale d’allora: sarà un’avventura intensa ma finanziariamente tormentata. In ogni caso la C.I.A sarà la zia, scusate il gioco di parole, dell’Arrigoni: la più importante azienda di Cesena che nel 1929, scendendo da Trieste. rileverà e rilancerà sotto il suo già famoso marchio gli stabilimenti locali della C.I.A giunta sull’orlo del fallimento.
Andiamo con ordine. 1920: la vocazione ortofrutticola della nostra terra comincia a sbocciare, ma il panorama locale è ancora modesto, con poche fabbriche di conserva di pomodoro. La C.I.A punta subito più in alto, guarda anche al mercato estero con prodotti agroalimentari di qualità, refrigerati, conservati, essicati.
Nell’arco di alcuni anni fa sorgere stabilimenti su un’area di 40.000 mq davanti alla stazione ferroviaria. Le ciliegie, ma non solo, sono le sue briscole: e buone conserve di frutta, ortaggi, erbe aromatiche. Ai primi impianti di essicazione si aggiunse un grande essicatoio ”tipo California”(la tecnologia più avanzata d’allora), un enorme frigorifero, una centrale elettrica. Inoltre l’azienda aveva già al suo interno una tipografia ed uno scatolificio per la pregevole confezione di prodotti in durature scatole di latta.
Notevoli ed estrosi anche i suoi manifesti di “reclame” (la nonna dell’attuale marketing). L’iniziativa fece scuola in campo nazionale, soprattutto nelle realtà che già godevano di tradizioni industriali. Andò meno bene in città e in provincia sul tema dei finanziamenti, dei conferimenti, di eventuali compartecipazioni. La banca cittadina più grossa, la Cassa di Risparmio, fu cauta, abituata com’era al cabotaggio creditizio, non al mare aperto degli investimenti.
La Congregazione di Carità, potente azienda pubblica proprietaria terriera, conferiva solo parte dei prodotti dei suoi poderi, anche la Cooperativa di esportazione prodotti agrari era interessata, ma diffidente: i salti di mentalità chiedono sempre tempo, mentre i mercati viaggiano veloci ed esigono capitali, liquidità e risposte svelte. Finì che la C.I.A ebbe una girandola di trasformazioni societarie, ma andò sempre più in crisi.
Poi, nel 1929, il subentro dell’Arrigoni, rinomata azienda di trasformazione che già aveva sette stabilimenti a Trieste e dintorni. Mallevadore, cioè garante, di quell’arrivo fu Arnaldo Mussolini (il fratello più pacato di Benito, poi scomparso nel 1931). La stampa di regime sottolineò come il Commendator Sanguinetti, proprietario dell’Arrigoni, avesse aderito “fascisticamente” all’invito del fratello di Mussolini.
In realtà l’affare lo fece Sanguinetti che ampliava l’azione della sua azienda con nuovi stabilimenti, godendo di un determinante appoggio politico. Tanto che negli seguenti ottenne l’importante commessa di prodotti agroalimentari per l’esercito italiano, cui si aggiunse anche l’esercito tedesco: prodotti che continuarono ad essere conferiti su tutti i fronti nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale.